Quando le cose si stavano mettendo male, quattro mesi fa, e man mano che andavano peggiorando, si preconizzava che sarebbe stata durissima riprendersi dalla batosta del Covid-19. Da tutti i punti di vista.

Oggi permane un immenso senso di fatica psicologica, e anche fisica.

Rialzarsi da una così brutta caduta è difficile più del previsto.

Anche in questa settimana altri tasselli sono andati al loro posto; ripartono le attività ludiche ed educative per i bambini e i ragazzi, i centri benessere e termali, circoli culturali e sociali e soprattutto i teatri, cinema e sale concerti.

Si è ritornati a Messa e riavvicinati anche fisicamente alle cose dello Spirito.

È finita la scuola ed è arrivata l’ora degli esami di maturità e anche lo sport darà una spinta verso la normalità.

Quale normalità stiamo ricercando? Sembra venir meno la convinzione che quella di prima del Covid fosse una normalità a misura d’uomo. Forse era un tantino sopra le righe, e qualche riaggiustamento appare necessario per ritrovare un’umanità sbandata e perduta di cui abbiamo fatto parte.

Ecco le ragioni di tanta fatica, oltre a quella provocata dalle legittime paure sul grigio futuro prossimo.

Siamo alla ricerca – tanto più vera quanto più faticosa – di ciò che ci è sfuggito, perché ne abbiamo fatto esperienza, ma non sembriamo così convinti che ciò che era prima ci vada bene anche dopo, perché non ne abbiamo ancora fatto esperienza.

Fatica e paura di ritrovare noi stessi prima di tutto, e poi gli altri, nel mare dopo la tempesta che ha mutato la navigazione e l’orizzonte, e la cui ricchezza resta quella di non mettere troppo presto nel dimenticatoio quanto abbiamo vissuto.