Ivrea, Cattedrale, 29 Settembre 2018

Rivolgo con gioia un fraterno saluto ai venerati Confratelli nell’Episcopato, in particolare agli Eminentissimi Cardinali Severino Poletto e Paolo Romeo; ai carissimi Confratelli nel Sacerdozio e nel Diaconato; e a tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, presenti qui in Cattedrale e nel Tempio dell’Immacolata e nella Casa “B. Varmondo”.

Vi saluto riprendendo l’acclamazione – «Lode a te, o Cristo!» – risuonata poco fa, al termine della proclamazione del Vangelo:

Sia lodato Gesù Cristo!

E’ a Lui, al Signore Gesù, che noi innalziamo la nostra lode in questa Liturgia solenne nella quale mons. Roberto Farinella riceve l’Ordinazione episcopale; ed è Lui che lodiamo nella festa odierna dei Santi Arcangeli: «Angelus pacis Michaelangelus fortis Gabrielangelus nobis medicus salutis Raphael», come li canta l’inno liturgico della Chiesa che chiede a Cristo, loro e nostro Signore, di mandarli a noi, affinché «ci assistano sempre e insieme a loro, in eterno si innalzi alla Trinità la nostra lode»: Michele, che con il suo stesso nome proclama la Signoria di Dio e la pace che viene dalla vittoria del Signore sul male; Gabriele, portatore dei lieti annunci che la forza di Dio porta a compimento nella storia della salvezza; Raffaele, strumento di Dio che soccorre e guarisce.

Alla loro intercessione potente e a quella di Maria Santissima, Regina degli Angeli, di Giuseppe, Patrono della Santa Chiesa, dei Santi Apostoli e di tutti i Santi che fra poco invocheremo, noi affidiamo il cammino episcopale di questo carissimo figlio della Chiesa che è in Ivrea, mandato dal Signore, per designazione del Successore di Pietro, come Pastore e Sposo della Chiesa che è in Biella: la Chiesa “Una, Santa, Cattolica e Apostolica”, presente nelle Chiese particolari, portatrice della salvezza sgorgata dall’Amore infinito di Dio che «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità» (2Tim. 2,4).

 

Carissimo Monsignor Roberto,

è a Te, Successore degli Apostoli, a cui guardo con venerazione, che mi rivolgo in questo momento non per indicarti i passi del cammino, io, Vescovo da sei anni, mentre, con-consacranti, sono qui con me Vescovi di lunga esperienza e altri Vescovi dai quali, ben più che da me, hai ricevuto il dono dell’accompagnamento nella tua crescita umana, spirituale e sacerdotale.

La Parola di Dio risuonata tra noi ti ha indicato questo cammino; te lo ha indicato anche il Successore di Pietro, il Santo Padre Francesco, nell’incontro a cui hai partecipato a Roma con i Vescovi di recente nomina; te lo ha indicato anche il Rito della Ordinazione episcopale sui cui testi ti sei soffermato a meditare in queste settimane, gli splendidi testi che fra poco risuoneranno svelando anche a noi tutta la grandezza di ciò che ora si compie in Te, elevato alla pienezza del Sacerdozio.

Mi rivolgo a Te solo per dirti l’affetto che nutro per Te fin dal momento in cui, sei anni fa, ti ho conosciuto; la stima che ho maturato nel constatare il Tuo amore a questa Chiesa che Ti ha generato e a cui Tu hai ricambiato il dono con un servizio pieno di umiltà e di dedizione, due caratteristiche che, quando sono presenti insieme, colmano di stupore chi ha occhi per vedere; mi rivolgo a Te solo per dirti la riconoscenza per l’esempio di fedeltà, di obbedienza, di lealtà e di filiale devozione che hai avuto nei confronti del tuo Vescovo, di tutti e tre i Vescovi che hai avuto, me compreso; l’ammirazione per la Tua semplicità evangelica, per il tuo impegno a comprendere tutti e a non fermarti di fronte ai muri che talora vengono alzati; la tua capacità di ottenere risultati più con l’autorevolezza della bontà evidente che con la forza delle ragioni da accampare; l’edificazione che ci ha dato la Tua fede nel Signore, lo spirito di preghiera che sempre ti ha sostenuto, l’amore per la SS. Eucarestia e per la S. Madre di Dio, la fedeltà alla Dottrina della Chiesa, l’adesione profonda e cordiale al suo Magistero.

Carissimo Vescovo Roberto,

non arrossire sentendo queste cose: sto solo dicendo che sei stato un bravo prete e hai fatto quello che dovevi fare. E io sono felicissimo che la Sede Apostolica abbia visto in Te la stoffa del Pastore di cui la Chiesa ha bisogno. «Spes messis in semine» afferma il motto che hai scelto per il Tuo Episcopato: la speranza del raccolto sta nella seminagione. Questa seminagione, oltre ad essere quella che tu farai nei solchi della Chiesa che Ti è affidata, è pure quella che in questa nostra Chiesa Tu hai ricevuto e hai sparso a piene mani.

Nel momento in cui vai sposo ad una Chiesa che a me personalmente, per tanti motivi, è molto cara, la Diocesi di Ivrea Ti saluta e Ti promette di accompagnarti nella preghiera e in tutto ciò di cui da essa, eventualmente, tu potessi ancora aver bisogno.

 

In questo mese di settembre, in questa Cattedrale, abbiamo ricevuto dal Signore la grazia di un’Ordinazione diaconale e di una presbiterale; il prossimo sei ottobre, a Dio piacendo, avremo quella dei tre diaconi che diventano preti facendo il loro cammino nella Comunità oratoriana in formazione. Oggi la Tua Ordinazione episcopale.

Doni di Dio! «Dono e mistero» come diceva san Giovanni Paolo II.

Nel Rito di Ordinazione c’è un elemento che sempre sottolineo, e anche in questa occasione mi permetto di farlo: è la prostrazione dell’ordinando, mentre il canto delle Litanie invoca l’intercessione dei Santi. I gesti che si compiono in tutti gli altri elementi del Rito e le parole che li accompagnano esprimono chiaramente il significato di ciò che avviene. Su questo gesto toccante vogliamo soffermarci.

Prostrarsi a terra, con la faccia sul pavimento, mentre non possiamo neppure cantare e solo siamo avvolti dalla supplica dei fedeli, è espressione della consapevolezza che siamo piccoli e che il nostro stare in piedi e camminare è possibile solo per grazia di Dio.

Il ricordo di quei momenti, soprattutto mentre esercitiamo il servizio che ci è stato affidato, non deve abbandonarci… Se si appanna, il rischio è di prostrarci, sì, ma a qualcos’altro, magari a noi stessi, e di perdere, così, la dignità e l’autorevolezza che viene dal prostrarci a Dio solo… «Ho servito il Signore» abbiamo ascoltato da Paolo, inginocchiato per terra in mezzo all’assemblea dei presbiteri di Mileto; «non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio» (I lettura: Atti, 20, 19. 24).

E’ questa consapevolezza che ha dato all’Apostolo, tra mille difficoltà, la forza di dire: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue… [Vegliate perché] entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé» (Atti, 20, 28-30).

E’ questa consapevolezza che diede a Paolo l’ardore di «andare in tutto il mondo – come Gesù aveva chiesto – e predicare il vangelo ad ogni creatura», [poiché] «chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato»; e a dargli la certezza che «il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano» (Mc 16, 15-20).

E’ dopo quel gesto toccante della prostrazione a terra che riceverai, carissimo Monsignor Roberto, l’imposizione delle mani, che si svolge in silenzio: «La parola umana – ricordava Papa Benedetto in una delle sue splendide omelie – ammutolisce. La mano di Dio si allunga verso l’uomo, lo prende per sé e, al contempo, lo copre in modo da proteggerlo, affinché in seguito egli sia totalmente proprietà di Dio, gli appartenga del tutto e introduca gli uomini nelle mani di Dio. Come secondo elemento fondamentale dell’atto di consacrazione, segue la preghiera.

 L’Ordinazione episcopale è un evento di preghiera. Nessun uomo può rende sacerdote o vescovo un altro. E’ il Signore stesso che assume quell’uomo totalmente al suo servizio, lo attira nel suo stesso Sacerdozio, affinché la sua Parola e la sua Opera siano presenti in tutti i tempi. Per questa connessione tra la preghiera e l’agire di Cristo sull’uomo, la Chiesa nella sua Liturgia ha sviluppato un segno eloquente. Durante la preghiera di Ordinazione si apre sul candidato l’Evangeliario, il Libro della Parola di Dio. Il Vangelo deve penetrare in lui, la Parola vivente di Dio deve, per così dire, pervaderlo. Il Vangelo, infatti, non è solo parola: Cristo stesso è il Vangelo!».

 

Buon cammino, carissimo Monsignor Roberto!

La Vergine Maria, a cui tante volte ti sei affidato guardando la stella, anche la stella oropense che ora brilla sul tuo stemma, Ti accompagna in ogni tuo passo.

Ti accompagna. Non è un augurio. E’ una certezza! E’Lei la Madre della Chiesa, la Regina degli Apostoli.

Sia lodato Gesù Cristo!

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