“Grazie al lavoro della Guardia di Finanza è stata scoperta una situazione gravissima e intollerabile di sfruttamento di lavoratori in diversi capannoni vicino Ivrea. La schiavitù nel 2019 in Italia è inaccettabile.” Lo scrive su Twitter la senatrice del Pd e vicepresidente del Senato, Anna Rossomando.
Ma che cosa è successo? La GdF di Torino giovedì mattina ha fatto irruzione in un deposito clandestino poco lontano dal centro di Montalenghe, dove ha trovato una trentina di operari, cinesi, italiani, rumeni, in condizioni di sfruttamento lavorativo sia per i 30 centesimi con i quali venivano pagati per ogni ora di lavoro, ma anche per gli orari a cui erano sottoposti dovendo produrre anche 3000 pezzi al giorno, alle poche ore di riposo – comunque sempre all’interno dei laboratori dove i servizi igienici in comune non funzionavano come per altro anche il riscaldamento – non c’era contatto con l’esterno e solo luce artificiale. Tra scatoloni e macchine da cucire erano piazzati dei fornellini per cuocere il cibo e delle brandine e un sistema di sorveglianza permetteva ai due imprenditori di seguire il lavoro de gli operai. Titolare dell’azienda una 28enne cinese, W.M sposata con un imprenditore di origine calabrese e W.Q. di 26 anni che per 15 ore di lavoro pagavano gli operai 5 euro, per cucire pellame e confezionare prodotti destinati ad importanti marchi automobilistici internazionali.
Tutto questo ora è stato sigillato e posto sotto sequestro, gli operai identificati mentre le indagini continuano per evidenziare eventuali altre responsabilità in questa triste storia. I due imprenditori dovranno rispondere alla Procura della Repubblica di Torino di reati quali lo sfruttamento del lavoro ed il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Non è detto che la loro posizione non si aggravi se venisse ipotizzata l’accusa di “riduzione in schiavitù”, reato che prevede una pena sino a venti anni di carcere.