(di pier giuseppe accornero) La storia dell’ebrea tedesco-polacca Edith Stein è segnata dalle due guerre mondiali, dall’antisemitismo e dalla morte nel «lager». Nata 131 anni fa, il 12 ottobre 1891 a Breslavia (Wrocław in polacco), riceve una formazione di tutto rispetto. Accede all’università, studia filosofia e diventa assistente di Edmund Husserl, il padre della fenomenologia. Ma è inquieta: abbandona la religione ebraica; per anni si professa atea; si converte al Cattolicesimo: si fa battezzare 100 anni fa il 1° gennaio 1922. Attratta da Santa Teresa d’Avila, ammira e studia il rinnovamento liturgico che fiorisce nelle abbazie benedettine: è incerta se diventare carmelitana o entrare nel monastero benedettino; alla fine sceglie il Carmelo. Il nome religioso, Teresa Benedetta della Croce, reca evidenti tracce del duplice amore a Teresa d’Avila e a Benedetto. Nelle sue opere è debitrice al filosofo Husserl e al teologo Tommaso d’Aquino. Fiera oppositrice del nazismo, per proteggerla è trasferita nel Carmelo di Echt nei Paesi Bassi. Dopo la lettera dei vescovi olandesi contro il razzismo nazista, si scatena la vendetta di Hitler. È deportata ad Auschwitz e condivide il destino di Israele: il 9 agosto 1942, ottant’anni fa, è uccisa nella camera a gas.

Il Consiglio comunale di Wrocław proclama il 2022 «anno di Edith Stein» e celebra il centenario del Battesimo e l’80° del martirio ad Auschwitz. Per Giovanni Paolo II – che la beatificò nel 1987 e la canonizzò nel 1998 – è patrona della riconciliazione e, con la sua conversione, lega i due mondi, ebraico e cristiano, Gerusalemme e Roma. La sua vita si incrocia con lo straordinario panorama multiculturale che è Breslavia, tedesca fino a prima della Seconda guerra mondiale e poi polacca, abitata da tanti profughi. Di Breslavia è anche Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano, anche lui vittima dei campi di sterminio nazisti. Il vescovo Jacek Kiciński ha inaugurato l’anno di Edith Stein con una Messa nella parrocchia San Michele, quella della famiglia, dove Edith fu battezzata e andava a pregare. Ricorda il vescovo: «Proveniva da una famiglia religiosa ebraica. Con il Battesimo cattolico, divenne discepola di Gesù Cristo. Non è stato un momento facile per lei, per la sua famiglia, soprattutto per la madre. Edith Stein è andata per la sua strada, la via della scienza, e Gesù è rimasto su quella strada».

Atea, a 20 anni è costantemente alla ricerca della verità. Dopo il Battesimo, continua il suo percorso di fede e di ricerca che la porta a entrare nel Carmelo nel 1933 a 41 anni. Continua il vescovo di Breslavia: «Ringraziamo Dio per i 130 anni della sua nascita, per i 100 anni dell’accettazione della fede con il Battesimo, per gli 80 anni dalla sua morte per mano dei nazisti». Mente brillante, disserta sull’empatia, sullo Stato e sulla nozione di popolo. Durante la Grande Guerra (1914-18), lascia tutto e abbandona i libri per fare l’infermiera volontaria nell’ospedale militare di Mährisch-Weisskirchen, in Austria, pieno di feriti: «Ora non ho più una vita mia». Si iscrive a un corso di infermeria nell’ospedale in cui lavora la sorella Erna, decisa a servire il suo popolo in guerra. Gli uomini partono soldati. Lei non vuole essere da meno, consapevole di non voler restare indifferente alla tragedia che sta accadendo: «Funestissima guerra» la definisce Pio X; «Inutile strage» per Benedetto XV. La madre, severa vedova che porta avanti la famiglia dopo la morte del padre, si oppone ma lei ci va ugualmente e mentre prepara la valigia, la madre la aiuta nei preparativi.

Anche un professore di greco cerca di dissuaderla dicendole che la reputazione delle infermiere in quegli ospedali non è buona. Nonostante tutto, Edith parte e racconta: «Mi è stato assegnato il padiglione dei malati di tifo. Due settimane dopo la permanenza in quel padiglione mi è toccato il servizio notturno. La prima notte ero piena di paura per assistere un moribondo. Ho avvisato il medico di guardia e ho fatto un’iniezione. Era la prima volta che vedevo morire qualcuno». Presta servizio anche in sala operatoria e vede morire uomini nel fiore degli anni. Quando l’ospedale militare chiude, segue il filosofo e maestro Edmund Husserl a Friburgo, dove consegue il dottorato con una tesi sull’empatia. Poi la brillante filosofa, già ebrea, poi atea, conosce il Cristianesimo, riceve il Battesimo e nel 1934 entra nel Carmelo di Colonia. In pieno delirio nazista finisce ad Auschwitz dove è uccisa il 9 agosto 1942.

Giovanni Paolo II la beatifica nel Duomo di Colonia il 1° maggio 1987,. La canonizza in piazza Ssn Pietro l’11 ottobre 1998 e un anno dopo, il 1° ottobre 1999, la proclama co-patrona dell’Europa. I sei santi patroni dell’Europa – tre uomini e tre donne – coprono la geografia, la storia, la cultura del Vecchio Continente. Sei campioni dell’anima cri­stiana. Dall’italiano Benedetto da Norcia (480 circa-547), iniziatore del monachesimo occidentale, ai fratelli greci Cirillo (826 o 827-869) e Metodio (815 o 825-885), evangelizzatori dei popoli slavi; dalle quasi coetanee Brigida di Svezia (1303-1373) e Caterina da Siena (1347-1380) alla tedesco-polacca Edith Stein (1891-1942) uccisa in campo di concentramento. Ciò «significa porre sull’orizzonte del Vecchio Con­tinente un vessillo di rispetto, tolleranza e accoglienza, che invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una so­cietà fraterna».