(elisabetta acide) – La sera della sua elezione, in attesa trepidante di quelle parole del “nuovo Pontefice”, abbiamo sentito riecheggiare quell’annuncio del Vangelo lucano sulla bocca del Signore Risorto:
“La pace sia con voi!” (cfr Lc 24,36; Gv 20,19).
E la parola “pace”, in quelle righe pronunciate con voce ferma ma sensibilmente commossa, hanno riecheggiato per (se non ho contato male) 10 volte.
“Pace” e poi “giustizia” e “verità”.
Parole che abbiamo sentito ancora pronunciare in questi mesi dalla sua elezione e che ci riportano a quel Cenacolo: pace e comunione.
“Pace a voi”: con le mie mani e i miei piedi trafitti.
La pace dell’autore stesso della pace.
Nel recente discorso ai Vescovi della CEI del 17 giugno 2025, ancora Papa Leone XIV, ci “riporta” alla parola “pace” e lo fa con una sottolineatura particolare:
“Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione”.
Un “invito” sollecito e particolare, non solo a rinnovare l’annuncio e la trasmissione della fede, ma a farlo in nome della pace.
Quella pace di cui il mondo ha bisogno, di cui la Chiesa ha bisogno, di cui le parrocchie, le Diocesi, hanno bisogno.
La pace “vera”, quella che viene dal Signore, quella che è “richiesta” specifica del Vangelo e che l’apostolo Paolo esorta a vivere: “vivete in pace con tutti” (Rm 12,18).
Aggiunge san Paolo: “se possibile” (Rm12,18).
Sì la pace è “possibile”, ma occorre tutti essere “costruttori di pace”.
Pace “disarmata e disarmante” (primo saluto del santo Padre Papa Leone XIV 8 maggio 2025).
Pace che va “costruita” “disarmando” le nostre vite dall’odio, dal rancore, dall’invidia dalla gelosia, dall’indifferenza, dal risentimento, dal pregiudizio, dall’agressività, per “disarmare la terra”.
Pace che deve partire, come ricorda proprio il santo Padre, parlando in udienza ai giornalisti appena qualche giorno dopo la sua elezione: “Disarmiano le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”.
Le parole sono la prima contro-arma per costruire “ponti di pace”. Spesso non ne abbiamo percezione ma sono proprio le “parole gridate”, le “parole offensive”, le “parole che infangano”, quelle che “serpeggiano con veleno” a “armare” i conflitti.
Abbiamo bisogno di “parole di pace” per la nostra vita, per quella “costruzione umile e perseverante” in una “Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono” (Papa Leone XIV nel già citato discorso dell’8 maggio dalla loggia di piazza s. Pietro).
“Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3) cita papa Leone XVI parlando ai Vescovi Italiani: e ciò che abbiamo udito dalle parole di Cristo.
Cristo ci parla di pace.
E aggiunge il santo Padre:
“La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace”.
Sono le parole di un “padre” per i suoi figli, quelle che nascono dal dolore per i conflitti, quelle che nascono dalla constatazione della difficoltà di seminare “piccoli gesti di pace”. E questo invito, che si accompagna ai suoi appelli accorati, alle sue azioni quotidiane, alle sue preghiere, alle sue particolari attenzioni ai numerosi e drammatici conflitti delle “zone di guerra”, sono per noi.
Per noi che “invochiamo” la pace ma che quotidianamente viviamo i piccoli ma laceranti conflitti anche dentro le nostre comunità.
Pace per una “Chiesa generativa”, per una Chiesa che sia portatrice di Vangelo in ogni ambiente, per una Chiesa che sia espressione e azione di quella fedeltà al Vangelo, che è conversione dei cuori, che è giustizia, che è misericordia, che è pace.
“Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa.” (Papa Leone XIV ai Vescovi CEI).
Una Chiesa allora, “generativa” che si apre alla pace, che la annuncia e la “pratica”; una Chiesa che “parla” di pace con la vita, che porta il Vangelo di pace, di dialogo, di persona e della sua dignità, per essere “segno del Regno di Dio”.
Ascolto delle persone, della vita, costruzione di intrecci e di relazioni, vita di relazioni fraterne e di perdono… ecco la “pace possibile”, la “pace perseguibile”, una “pace costruibile”…
Una “pace costruita” con la vita di tutti, tutti i giorni.
Per essere “artigiani di pace”.
Papa Leone XIV riprende ed utilizza una espressione di Papa Francesco: “siate artigiani di pace” (Discorso 10 ottobre 2022 ai giovani pellegrini in Belgio), per costruire dentro e intorno a noi, bellezza, amore,fraternità, solidarietà… pace.
Possiamo diventare “artigiani di pace” solo se sapremo proporre, non imporre, se sapremo vivere la Verità di Cristo, oltre le menzogne, oltre la “liquidità” accomodante, oltre lo stare “dietro alla siepe” e non allargare lo sguardo…
Essere “artigiani di pace” nelle comunità, nella Chiesa, nelle Diocesi, nelle parrocchie, è essere “persone di pace”, “cristiani di pace”, promotori di giustizia, di perdono, per “abitare” i territori inesplorati della pace possibile, della pace quotidiana, della presenza che cura, della attenzione che guarda, della responsabilità che mi fa “chinare” sugli altri.
Essere artigiani di pace è possibile se saremo Chiesa che promuove l’impegno personale, il cammino di comunione, l’ Amore possibile.
Essere artigiani di pace è possibile se saremo cristiani che non si limitano a “indignarsi” per i conflitti, per le guerre, per i soprusi, ma che costruiscono ponti e reti, dialoghi e azioni, che lavorano nel quotidiano della vita per intessere trame di pace sui valori della solidarietà, del dialogo, della giustizia, della dignità…
Essere artigiani di pace, è avere il coraggio di Papa Leone XIV con quelle 10 volte della parola “pace”, non una successione di vocali e consonanti, ma una “missione” di vita cristiana, di Parola di Cristo che fa “gioire” alla visione del Signore.
Essere artigiani di pace è vivere la Presenza di Cristo nella comunità, vivere l’Eucaristia, generatrice di “vita piena”, di “vita di Cristo”, di “presenza di Dio”.
Riflettiamo sulle esortazioni del Santo Padre: “Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire…non abbiate timore di scelte coraggiose…il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici”.
Le “scelte coraggiose”, quelle che ci fanno “essere” Chiesa di pace, ambasciatori di pace, persone di pace.
“Mettiamoci insieme per cercare soluzioni alla guerra” è l’appello accorato del Santo Padre e all’Angelus di domenica 15 giugno invita: “Continuiamo a pregare per la pace in Medio Oriente, in Ucraina e nel mondo intero”.
Pace cercata e realizzata.
Pace perseguita e praticata.
Ed ancora, parlando di pace, il Santo Padre mette in guardia dalle insidie della “pace apparente”:
“una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra, poiché, per quanto ci si sforzi, le tensioni sono sempre presenti” (Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025).
Una riflessione importante, perché la convivenza umana, in qualsiasi ambito, sia generativa di umanità, di quella pace che non è “assenza di guerra” (che sarebbe già importante), ma che è scelta precisa e decisa di dialogo, di fraternità, di ascolto, di parole sussurrate non gridate, ma interiorizzate e costruite perché possano diventare parole di pace.
“Il Regno di Dio sarà giustizia, pace ed allegria, e saranno questi i frutti dello Spirito Santo” ( cfr.Rm 14,17) e
“Dio sarà tutto in tutti” (cfr.1Cor 15,28), con queste certezze, seminiamo la pace, quella pace cantata dagli angeli a Betlemme in quella notte: “Pace in terra agli uomini che egli ama”, quella pace che è il di Gesù ai discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (cfr. Gv 14,27).
Diventiamo “profeti sapienti di pace”, per la “missione” che ci ha “consegnato” Gesù su quel monte o in quel piano: “Beati gli operatori di pace”. Beati coloro che avranno “volto di pace”, il cui volto e la cui vita riflette la pace di Cristo.
Diventiamo “persone di pace”, non nella tranquilla serenità della vita, ma nello “shalom” della vita di giustizia e verità.
Diventiamo operatori laboriosi della pace di Cristo, intraprendenti creativi “pacificatori” del mondo, perché con la sua Pace, Cristo ci ha reso figli, ci ha reso fratelli, ci ha reso “artigiani” di comunione.
“Egli è venuto ad annunziare pace” (Col 2,17), ci ha donato il suo Spirito che ci i-Spira, “opere di pace”, suscita le nostre “costruzioni di pace”.
Raccogliamo l’invito di Papa Leone XIV: “abitiamo” la pace dei figli e dei fratelli, la pace che ci dona la Grazia, la pace che ci fa percorrere strade straordinarie di giustizia, di amore, di perdono.
La “pace” sia il nostro “programma” di vita: una pace di responsabilità personale e comunitaria, una pace fatta di sollecitudine e prossimità, una pace fatta di annuncio e di conversione continua, di perdono e di pazienza, di cammino e di reciprocità.
Viviamo la pace come “dono”, “dono di Cristo”, dono che chiede di essere vissuto e diffuso con impegno e disponibilità.
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(L’immagine di apertura è tratta da Vatican Media)