di Hubert Charuel
paese: Francia, 2018
genere: drammatico
interpreti: Swann Arlaud, Sara Giraudeau,
Bouli Lanners, Isabelle Candelier
durata: 1 ora e 30 minuti
giudizio: bello

Secondo la recente indagine Col29diretti (gennaio 2018), l’anno passato ha visto un notevole incremento delle nuove aziende agricole condotte da under 35, nel nostro Paese: 9% in più, un dato che ci pone ai primi posti in Europa.
La storia e il film di questa settimana sono in realtà ambientati in Francia, ma descrivono il valore antico di sentimenti universali; i protagonisti, pastori e animali, per quanto insoliti, rappresentano qualcosa di atavico, un legame che ci fa riflettere sulla nostra stessa sopravvivenza.
Ci troviamo nella campagna vicino a Reims: Pierre è un giovane allevatore che si occupa con totale dedizione della sua mandria di trenta mucche. Ha una sorella veterinaria e i genitori abitano accanto all’azienda agricola, ma ciò che si comprende già dalla prima onirica inquadratura, è che il faticoso lavoro del ragazzo lo coinvolge totalmente: fin dalla sveglia del mattino le azioni quotidiane, la mungitura del bestiame o la pulizia, rappresentano il suo mondo e sostituiscono la famiglia, la casa, l’amicizia, l’amore.
Con la musica e la suspense di un thriller la situazione precipita quando avviene la scoperta di una mucca malata: ha contratto l’Hds, una febbre dorsale emorragica molto contagiosa, che mette a repentaglio la sopravvivenza dell’intera mandria. In questo modo il protagonista si scontra con un’altra faccia dell’esperienza contadina: le lungaggini burocratiche di un sistema non del tutto imparziale (viene citato l’esempio dei contributi mancati per un allevatore costretto ad abbattere i suoi vitelli) o i controlli imperfetti del servizio sanitario.
Quella di Pierre si trasforma da passione a vera lotta per la resistenza. Il regista Charuel, al suo debutto, descrive un ambiente legato alla biografia personale e le immagini che utilizza hanno a volte uno sfondo documentaristico. La pellicola è stata realizzata con il patrocinio di Slow Food.

Graziella Cortese