Uno dei lasciti più importanti dell’Expo 2015 dedicato al cibo e alla nutrizione è la legge 166/2016, nota come legge Gadda – dal nome della parlamentare prima firmataria – o “legge antispreco”. È il riferimento per le donazioni inizialmente limitate ad alimenti e farmaci, ma oggi, grazie a successive modifiche, estesa a quasi tutto ciò che eccede le necessità e non va buttato, perché ha un valore, e può essere virtuosamente riusato per fini sociali.

Ho visto un bel film, ispirato ad una storia vera.

Una ricerca delle università di Harvard e Stanford ha inserito il mestiere di chef tra le categorie maggiormente a rischio per stress e depressione. Il paradosso di una professione nata per soddisfare e rendere felici i clienti, che diventa una trappola, perché laddove tutto si misura con la performance e il successo, si perde anche il senso del lavoro quotidiano e della vita.

Il protagonista del film “Non morirò di fame” – diretto dal bravissimo Umberto Spinazzola, famoso come regista di Masterchef – è un cuoco con stella Michelin caduto in disgrazia e diventato un homeless, che vive degli avanzi di cibo che trova nella spazzatura. Il regista riesce, come con un “piatto” ben riuscito, ad amalgamare il racconto del dramma sociale e umano che ha portato l’ex chef Pier sulla strada, con una serie di incontri che gli permetteranno il riscatto.

L’incontro con un “collega di strada”, il francese Granata, gli fa imparare a vivere degli scarti dei supermercati e dei mercati ortofrutticoli, e lo fa tornare a cucinare con maestria e arte. Un vecchio amico gli permette di abitare in una baracca, dove vive con la figlia, dopo la morte della madre che lui aveva abbandonato, improvvisamente e senza una ragione. Un film sul recupero degli scarti, ma soprattutto di relazioni belle, rammendando ferite e divisioni. La regia ci offre immagini magistrali dei piatti realizzati con scarti di mense e mercati, stuzzicando l’appetito dello spettatore.

La legge 166 ci viene raccontata attraverso una storia in cui si capisce che il cibo buttato via con incoscienza, può diventare possibilità di incontro con chi soffre e tra chi soffre. Con uno sguardo francescano sulla materia – Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature – si offre un messaggio sul valore del cibo, di ogni persona e della comunità. Un film buono e … gustoso.