La politica estera e i referendum agitano la politica italiana, con molta confusione. Sull’Ucraina l’appoggio della Meloni si è fatto più debole rispetto alle scelte precedenti: il premier Draghi era andato a Kiev, all’inizio del conflitto, per testimoniare con il francese Macron e il tedesco Scholtz il pieno sostegno dell’Europa contro l’invasione russa. Oggi la nostra presidente del Consiglio ha scelto una posizione di seconda linea, con un collegamento video con Kiev, lasciando la scena all’inglese Starmer, al francese Macron, al tedesco Merz, al polacco Tusk, che guidano il gruppo dei “Volenterosi”: d’accordo con Trump si propongono come presenza europea di intermediazione nell’ipotesi di un cessate il fuoco con la Russia, nel quadro delle trattative in corso. Il governo Meloni non aderisce, nonostante il sì degli USA, per l’assoluto rifiuto della Lega di Salvini, fedele alla richiesta di Putin contro la presenza europea a Kiev. Il ministro degli Esteri Tajani, per attenuare la portata politica dell’assenza italiana, ha detto che il Governo punta ad un ruolo dell’ONU, dimenticando il veto russo alle Nazioni Unite a questa ipotesi.
Altre volte Matteo Salvini ha messo in imbarazzo il Governo, in particolare con lo sbandierato sostegno al premier ungherese Orban (quello che ha accolto a Budapest il leader israeliano Netanyahu, nonostante il mandato di cattura del Tribunale dell’Aja per le atrocità dell’esercito di Tel Aviv a Gaza).
Ora riemerge anche un vecchio problema: il “no” dell’Italia al varo del Mes (Meccanismo Europeo di Solidarietà), nonostante l’approvazione degli altri 26 Paesi dell’UE. Bruxelles insiste su Roma perché approvi il trattato, senza obbligo di usarlo, consentendo alle altre Nazioni di accedere ai finanziamenti previsti per le crisi bancarie. Ma Salvini è irremovibile ed il ministro leghista Giorgetti si adegua alla linea anti-europeista del leader, accrescendo l’isolamento dell’Italia a Bruxelles, nonostante la presenza nell’Esecutivo von der Leyen del commissario Fitto. Da Paese fondatore dell’Europa stiamo diventando contestatori e frenatori, con molto spazio al sovranismo.
Sull’altro versante politico i problemi sull’Europa giungono dai Pentastellati: critici – come Salvini – sul gruppo del “Volenterosi”, durissimi – insieme all’estrema sinistra del Parlamento di Strasburgo – nei riguardi del governo Von der Leyen. L’ex premier Giuseppe Conte non ha consentito al centro-sinistra di presentare una mozione unitaria in Parlamento per le divergenze emerse nel giudizio su Trump e sulla Russia.
Questo clima confuso sta purtroppo coinvolgendo anche la prossima scadenza referendaria dell’8-9 giugno, nonostante la rilevanza sociale dei 5 quesiti: quelli sul lavoro proposti dalla Cgil e il tema delicatissimo della cittadinanza avanzato da +Europa, con il sostegno di molte associazioni cattoliche.
Il Presidente Mattarella aveva invitato alla partecipazione alle urne, valorizzando gli strumenti della democrazia; ma il ministro degli Esteri Tajani e il presidente del Senato La Russa hanno subito dissentito, invitando (come fece Craxi) gli italiani ad andare al mare o ai monti. È un vero peccato perché i temi meritano un confronto aperto, non l’oblio delle urne. Il diritto di cittadinanza dopo 5 anni (anziché 10) incide sulla qualità della vita delle persone, sulla loro inclusione sociale, in una logica di solidarietà.
Le domande della Cgil toccano essenziali condizioni di vita: dare a tutti i lavoratori il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo; innalzare la tutela contro i licenziamenti nelle imprese con meno di quindici dipendenti; superare la precarietà dei contratti di lavoro; rendere il lavoro più sicuro nel sistema degli appalti.
Azione e Italia viva, nel centro-sinistra, andranno al voto ma difenderanno le leggi del Jobs Act del Governo Renzi votando contro le proposte della Cgil; anche la Cisl è perplessa preferendo la contrattazione sindacale alle leggi di tutela dello Stato. Il confronto delle idee è legittimo, anche per la grande evoluzione dei mercati; ma perché fuggire dal dibattito sui temi così rilevanti quando è in gioco la dignità delle persone?