(Editoriale)

Poveri, ancora poveri e sempre più poveri. Tanti molto più di altri, con o senza pandemia, ieri, oggi e purtroppo anche domani. I poveri saranno sempre con voi – disse Gesù –, ma noi siamo capaci di farli essere meno poveri? La povertà altrui ci indigna, ci provoca, ci cambia, ci scandalizza, ci scuote, ci insegna? O non ci dice nulla, se non sperare di non retrocedere noi pure sulla scala sociale faticosamente salita durante anni di duro lavoro? E la povertà è solo mancanza di cose materiali?

Domenica 14 novembre si celebra la V Giornata mondiale dei Poveri, promossa dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. L’obiettivo è farci prendere coscienza di questo fenomeno dilagante, di avvicinarci col cuore ai poveri “con le lenti del vangelo”. Visti sempre come un problema…, ma il Papa nel suo messaggio cita don Primo Mazzolari: “i poveri si abbracciano, non si contano”.

Non da oggi, quindi, siamo “ragionieri” della carità con schede, elenchi, liste, Isee, green pass e orari di appuntamenti. Ecco i poveri compressi in un sistema nel quale faticano a trovare risposte adeguate. Quanti non provano neppure più a chiedere aiuto? Quanti ne allontaniamo con le nostre pratiche contabili, che come tante tesserine di un mosaico li inquadrano in una presunta, ordinata azione di carità o di intervento socio-assistenziale pubblico?

Ma domenica non è tanto il giorno della colletta (ahimè! sarebbe più facile scrollarsi di dosso il problema magari con una bella offerta liberatoria per la coscienza, perché l’elemosina è occasionale, ma la condivisione è duratura): no!, domenica è il giorno del segno, in cui stare vicini con il cuore, la preghiera e con le mani a chi fa più fatica.

Lo ricorda il vescovo Piero Delbosco, incaricato dalla Cep per la Caritas, nel suo invito alla celebrazione della “Giornata”: “anche i più distratti si sono accorti della presenza, spesso nascosta, di tante persone in povertà e di tante modalità – vecchie e nuove – con cui questa si manifesta nell’oggi… Siamo ben lontani dall’aver sconfitto la povertà che è un virus altrettanto letale e subdolo come quello che ancora ci sta assediando”.

Lo confermano i servizi preposti; e “il futuro potrebbe riservare anche sviluppi di ulteriore incremento, specie se non si riuscirà a ridare ali al mondo del lavoro”, conclude monsignor Delbosco.

Che fare dunque? Incontrarsi: per scambiare ricchezze e povertà, di cui nessuno è privo, in forme diverse. Dell’una e delle altre.