(elisa moro) – “Subito entrerà nel suo tempio il Signore” (Ml 3, 1), dice il profeta Malachia.

Si tratta di un evento unico meraviglioso, un luminoso ingresso: il Figlio di Dio entra nel proprio Tempio.

Per questo il salmo 23 canta:

Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso” (Sal 23, 7-10).

Tuttavia il “Dio forte”, atteso e annunciato dai profeti, non compie un ingresso trionfale, al suono delle trombe, ma come uno dei tanti bambini, in mezzo al continuo scorrere delle vicende umane, tra pellegrini, devoti, sacerdoti e leviti.

Trascorsi quaranta giorni dal Natale, la Sacra Famiglia si reca al Tempio di Gerusalemme per adempiere due prescrizioni della Legge: la presentazione del primogenito (cfr. Es 13, 2.12-13) e la purificazione della madre (cfr. Lv 12, 2-8).

E’ importante osservare che per questi due atti – la purificazione della madre e il riscatto del figlio – non era necessario andare al Tempio.

Invece Maria e Giuseppe vogliono compiere tutto a Gerusalemme, facendo convergere tutto il campo d’azione sul Tempio, quasi a sottolineare che la “presentazione” di Gesù simboleggi “l’atto di offrire il Figlio dell’Altissimo al Padre che lo ha mandato (cfr Lc 1,32.35)” (Benedetto XVI, 2 febbraio 2013).

Un primo elemento è l’ordinaria straordinarietà dell’avvenimento, che si inserisce nel quotidiano, stravolgendolo:

Quel bambino portato in braccio, è il Salvatore del mondo, l’erede autentico, che viene sotto l’apparenza di uno sconosciuto, a visitare la propria casa” (Newman, omelie). Il Signore abita la vita di ciascuno, nel quotidiano, ma molte volte non si è pienamente consapevoli di questa grandezza, non si giunge a cogliere il Perché, il senso profondo dell’agire; infatti così prosegue San John Henry Newman:

Gli avvertimenti di Dio sono chiari, eppure il mondo continua la sua corsa; impegnati nelle loro attività, gli uomini non sanno discernere il senso della storia. Considerano grandi avvenimenti come fatti senza importanza e misurano il valore delle realtà secondo una prospettiva del tutto umana… Il mondo rimane cieco, ma la Provvidenza nascosta di Dio si realizza giorno dopo giorno” (ibid.).

Ma il vero protagonista indiscusso di quella che i fratelli ortodossi chiamano “Festa dell’Incontro” (hypapante) è lo Spirito Santo, che suscita il movimento, genera dinamismo in Simeone e Anna, spingendoli a cercare la Luce che ora inonda il Tempio fino a trovarla, stringendola tra le braccia.

È lo Spirito, infatti,

che suggerisce le parole profetiche, parole di benedizione, di lode a Dio, di fede nel suo Consacrato, di ringraziamento perché finalmente i nostri occhi possono vedere e le nostre braccia stringere la sua salvezza” (Benedetto XVI, 2 febbraio 2013).

In Simeone e Anna, due figure segnate dai solchi delle rughe ma dalla perenne giovinezza data dalla speranza, si scorge la docilità del lasciarsi plasmare quotidianamente da Dio, divenendo icone della santità e profondi cercatori del Suo volto, fino a trovarlo, esclamando in cuor loro, come gli apostoli dalla barca: “è il Signore!” (Gv. 21, 7).

Ora lascia o Signore… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza… luce per illuminare le genti” (Lc. 2, 25-35): la preghiera del Nunc dimittis, adottata dalla Chiesa nella Compieta, è la sintesi di tutta questa giornata, dedicata, da ventisette anni, alla vita consacrata, istituita da San Giovanni Paolo II nel 1997, con l’esortazione apostolica Vita Consecrata, un modo questo per ricordare e rinnovare l’incontro tra l’attesa dell’uomo e la risposta di Dio, che si concretizza nel dono del Figlio.

Nella figura del Figlio presentato al Tempio si scorge “l‘icona della donazione della propria vita da parte di coloro che, per un dono di Dio, assumono i tratti di Gesù vergine, povero e obbediente”, diventando “segni di Dio nei diversi ambiti di vita” (Papa Francesco, 2 febbraio 2014).

Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giov 8:12): alla sequela di Cristo, nella docilità del cuore e sull’esempio di Simeone a Anna, ognuno è invitato ad accogliere la luce nella propria vita: “nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola.. le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo, luce gloriosa e perenne” (San Sofronio).