(elisabetta acide) – Tracce di futuro lungo il cammino sinodale

Non è ancora “tempo di vacanza” nella Chiesa… buon segno … lo Spirito Santo non ha stagioni e non va in ferie…

La Segreteria generale del sinodo è al lavoro ed ha Pubblicato lunedì 7 luglio, il documento per un un “quadro di riferimento” per le Chiese locali.

E nel solco di Papa Francesco, ma diremmo del Concilio Ecumenico Vaticano II e dei passi successivi con i pontefici, si prosegue…

Ecco quindi le “Tracce per la fase attuativa del Sinodo ” qui il testo integrale.

Bello il titolo.

Tracce, direttrici…. Ciò che serve per un cammino… ma in libertà …

Tracce è una parola che rimanda alla strada, al cammino, ma che “lascia” intravedere una ricerca.

Le tracce vanno cercate, scoperte, studiate e poi “ragionate”… e la decisione è successiva… seguite, ma “elaborate”, secondo le esigenze delle Chiese locali.

E il nuovo pontefice, Papa Leone XIV, a cui il sinodo è a cuore, ha istituito anche due commissioni “nuove” per una lettura ancora più particolare da offrire alla Chiesa: in ambito liturgico e in tema di assemblee e concili. Dunque nuove “letture” affinché la Chiesa viva veramente ciò che è la sua “natura”: essere sinodo.

E se la chiesa è sinodo allora, lo “stile sinodale” dovrebbe essere “di casa”.

Forse questo è il punto.

Ciò che dovrebbe essere evidente ancora è in stato di “partenza”, diciamo – usando la metafora del cammino che tanto ci piace quando si parla di sinodo – che qualche Diocesi ancora si sta “legando le scarpe”, altre hanno già percorso chilometri, altre ancora stanno alla tappa del rifornimento…

Diverse le velocità, una sola la direzione di marcia

E l’ introduzione ai documenti, a cura del cardinale Mario Grech offre una “lettura” proprio di questa “chiesa sinodale “ e di queste “tracce“ : ”un orizzonte con cui confrontarsi” e un incoraggiamento ad “avanzare con coraggio”; “molte Chiese locali nel mondo stanno “percorrendo con entusiasmo” il cammino sinodale; altre, invece, “si stanno ancora interrogando su come intraprendere la fase attuativa o sono ai primi passi”.

Le “velocità” diverse dei cammini, il “coraggio” degli uomini e delle donne di Chiesa che sono necessari affinché la Chiesa renda viva e vivificante questa sua “natura sinodale”.

Ed a questo proposito mi pare un passaggio coraggioso e significativo per la Chiesa un “invito” alle Chiese locali che emerge dal documento: “l’effettivo accesso a funzioni di responsabilità e a ruoli di guida che non richiedono il sacramento dell’Ordine da parte di donne e uomini non ordinati, sia laici e laiche, sia consacrate e consacrati”.

Mi soffermo su questo punto perché credo veramente che il cammino della Chiesa  sia il cammino di tutti.

Abbiamo bisogno, come Chiesa, di “animare il dialogo” e di recuperare quello “scambio di doni” di cui tutti sono portatori, senza resistenze, senza timore di “perdere il potere”, ma con la ricchezza dell’ intelligenza in dialogo dj fede.

I documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono una “luce” chiara e luminosa: basterebbe leggere il proemio del decreto sull’apostolato dei laici “Apostolicam Actuositatem” per renderci conto della “traccia” del Papa e dei Padri conciliari.

Una traccia che ha visto svilupparsi tanti percorsi, ma che ancora deve essere “scoperta” e valorizzata.

E, se proseguiamo nella lettura, i capitoli III e IV offrono anche gli “ambiti” che andrebbero declinati e forse “istituzionalizzati”, forse meglio dire “riconosciuti e valorizzati in corresponsabilità ecclesiale”.

Sì mi piace di più.

Quei laici che il Concilio ha posto in evidenza, hanno piena dignità in Cristo che è di tutti i credenti, uomini e donne, in quanto membra vive della Chiesa -popolo di Dio (cfr. costituzione dogmatica Dei Verbum al capitolo VI).

Il laico, uomo o donna che sia, è il cristiano-testimone che è stato afferrato da Cristo, con la sua esperienza di credente, con la sua vita, con la sua formazione ed il suo impegno nella Chiesa e nella missione della Chiesa; quelli che il Nuovo Testamento chiama eletti, discepoli, santi, fratelli.

Dunque non può essere solo una questione di “nome”.

E dunque una “traccia” importante, che invita, nel rispetto dell’ autorità competente di Vescovi e Sacerdoti , ad uno “spazio” di discernimento comune, per una lettura seria della realtà e dei segni dei tempi, con gli occhi della fede di uomini e donne, per prospettive e direzioni all’ insegna della responsabilità comune.

Questa è Chiesa sinodale.

Questione di … stile

Una Chiesa che si apre al “volto” dell’ uomo per guardarlo con lo sguardo di Dio ed una Chiesa che guarda al volto di Dio per avvicinarsi insieme come figli a quel volto di Padre mostrato da Cristo .

Chiesa dei figli e dei fratelli, Chiesa che cammina e che “discute”, Chiesa che dialoga ma che opera, Chiesa che si interroga e interroga…

E, per usare una immagine biblica: la barca, forse, su quel lago, sta ora navigando “dopo la tempesta” e Pietro per tornare a riva può contare su tutti coloro che sono sulla barca, insieme a remare, in mare aperto , ma con una direzione, e anche in mare aperto si “trova una direzione” verso la quale andare e verso la quale indirizzare “i rematori” per quella “Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta ad accogliere” (Papa Leone XIV, Primo saluto e benedizione, 8 maggio 2025).

Le “tracce”.

Indicazioni dunque “di metodo”, declinate in percorsi e processi, in obiettivi, ma che hanno un denominatore comune: “lo stile sinodale”. “Un’esperienza spirituale ed ecclesiale che implica crescere in un nuovo modo di essere Chiesa, radicata nella fede che lo Spirito elargisce a tutti i Battezzati i suoi doni, a partire dal sensus fidei” (Tracce n.4).

Bella parola “stile sinodale”, apparentemente semplice, ma che cosa significa?

Forse occorre partire dalle Scritture: “è parso bene allo Spirito Santo e a noi” (At 15,28), quello “stile” appreso dal maestro di Nazareth che è “sguardo sull’uomo”, sull’umanità, che è fatto di chiamata, di ricerca, di interrogativi e di dialogo.

Lo “stile” della pedagogia di Gesù.

Lo “stile del Vangelo” deve diventare lo “stile della Chiesa”, uno “stile”, che non ha “processi” rigidi ma che è fatto di fraternità, di comunione, di corresponsabilità, di coraggio, di sostegno ,che si arricchisce di vita Spirituale, di Eucaristia, di accoglienza, di tolleranza, di rispetto.

Lo “stile sinodale” è progettazione condivisa, ma con lo spirito della “convivialità”, dove tutti siamo chiamati, lo “stile” della mensa, dove invitati, rispondiamo all’invito per essere “Chiesa” in comunione.

A GESU’ PER MARIA

San Luigi Maria Grignion de Montfort

Lo “stile sinodale”, allora forse, secondo me, potrebbe essere quello della Madre di Gesù che ci “porta Cristo” e lo fa “indicando”, “segnando” quella via: “fate quello che vi dirà” (cfr Gv 2,1 12), lo stile del cammino “in fretta”, “sollecito” (cfr, Lc 1,39-56), lo stile del “serbare le cose nel cuore” (Lc 2,16-27), dell’Interrogare “Figlio, perché ci hai fatto così?” (cfr. Lc 2,41-50), lo stile dell’esserci “sotto la croce di Gesù stava sua madre” (cfr. Gv 19,25-27), lo stile dell’ “Eccomi” (cfr. Lc 1,26-28).

Spetta alle Chiese locali trovare modalità appropriate per dare attuazione a questi cambiamenti (DF 94 Documento Finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 26 ottobre 2024).

Quella barca in mare aperto: quanto conta saper remare

Questo mi pare un “luogo” significativo: analisi della realtà locale, con la sua storia, con le sue difficoltà, con i suoi carismi, con la sua collocazione geografica, con i suoi orizzonti…

Una Chiesa “Una, Santa, Cattolica e Apostolica” che ha a cuore “quelle realtà locali”, che intorno ai loro Pastori ritrovano il “senso” dell’essere Chiesa, di riunirsi per progettare e per fare discernimento, per analizzare priorità e “linee”, su quelle “tracce” della Chiesa sinodale.

E le prospettive indicate sono davvero “coraggiose” e direi “lungimiranti”, si chiede a quei “rematori” di allenare le braccia: si parla di ministeri, di processi decisionali, di rendiconto e valutazione, di organismi di partecipazione… (DF 66-104 Documento Finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 26 ottobre 2024).

La logica dello “scambio dei doni”, di quella effettiva “cattolicità” di cui, mi sembra il documento sia intriso.

Pastore, equipe sinodali e popolo di Dio per “Crescere come Chiesa sinodale richiede un sapere che si apprende solo attraverso l’esperienza e ci apre una via all’incontro con il Signore” (Tracce n. 1).

Lo abbiamo sperimentato con i lavori sinodali condotti: solo vivendo la “conversazione nello Spirito”, possiamo, con umiltà, metterci in ascolto, dialogare, vagliare, riflettere, e lo Spirito Santo “armonizzerà” e farà convivere “le differenze”, per un “bene” non personale, ma della Chiesa.

Non una “confort zone”, ma un luogo di servizio

Mi pare importante la sottolineatura che compare nella Traccia n.4.1 in materia di discernimento:

i processi decisionali in merito dovranno essere compiutamente ecclesiali, riconoscendo la peculiare funzione dell’autorità, in particolare dei Vescovi diocesani”.

Credo che sia importante sottolineare questo aspetto che, a mio parere, è sostanziale; ricordiamo che tutti i “processi”, con lo stile del discernimento ecclesiale, non deve farci dimenticare l’importanza della “responsabilità” del pastore delle Diocesi.

Ho avuto già modo di ribadirlo in diverse occasioni: “la Chiesa non è una democrazia” e dico “meno male”: sarebbe troppo “umana” e troppo legata ai meccanismi umani.

La Chiesa non è una “zona comfort” dove mi rifugio convinto che se sono in “maggioranza” vinco: la Chiesa alla quale crediamo è quella Chiesa che è a servizio della Parola di Dio con grande responsabilità per gli uomini e le donne di ogni tempo e con grande responsabilità degli uomini e delle donne di ogni tempo.

Teniamo sempre presente questo: il sinodo non ci chiede di “sovvertire” l’istituzione.

Ci chiede di “stare” nell’istituzione con uno “stile” ecclesiale: quello della sinodalità.

Aggiungerei anche “il Vangelo non è un pensiero: è una persona, Cristo”.

Non è trascurabile.

Non è solo questione di metodo, è questione di contenuto.

Non è “programma” vagliabile o “riducibile”, il Vangelo è “radicalità”, è “Persona”, è “Notizia buona”, non cronaca.

Occorre sempre, a mio parere, tenere presente questo: la Chiesa è quella di Cristo, non quella degli “uomini”.

Amare le Chiesa com’è e come la vorremmo

Non è la “Chiesa che vorrei”, ma la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, la Chiesa della “comunione dei Santi”, la Chiesa della “remissione dei peccati”, che ci accompagna ad attendere la “Risurrezione e la Vita Eterna”.

Mai soli, ma in “cammino” per “sostenere i processi in corso a livello locale, in particolare là dove sono ancora in fase iniziale, stimolando le Chiese locali; favorire il coordinamento e la messa in rete delle équipe sinodali diocesane; offrire formazione, tenendo conto delle proposte di scuole e iniziative di formazione alla sinodalità presenti nei diversi territori; promuovere la riflessione teologica e pastorale” (Tracce 2.3).

Mi pare importante questa sollecitazione: in un tempo di “condivisione” quello che si chiede è la creatività e la relazionalità. Prassi di “comunione” non per “copiare” da altre Diocesi, ma per “fare rete”, per creare quella “perseveranza” di cui si parla in At 4,34: “ogni cosa in comune” , per un autentico rinnovamento della comunione.

Corresponsabilità: non mera opportunità, ma condizione costitutiva

Nella vita cristiana, seguire Cristo nella Chiesa, è perseverare, trovare strade e cammini per la missione, declinarle in esperienze creative e molteplici, provare e riprovare, senza abbattersi o stancarsi, senza sfiducia o “pessimismo”, ma nella gioia della missione.

E se la missione ha più “occhi”, più “orecchie”, “più teste”… allora è una missione “feconda”.

L’umanità della comunità cristiana, delle comunità cristiane che sanno “uscire” per incontrare, per condividere, per formarsi, per celebrare, per pregare, per crescere nella fede.

Aspetti direi “concreti” della vita della Chiesa, di cui tutti sono responsabili, quella corresponsabilità che non è solo collaborazione o servizio, ma è missione, è partecipazione, è impegno, è comunione.

Aspetti concreti che vengono indicati come “importanti(Tracce n.3.2) spiritualità sinodale; l’effettivo accesso a funzioni di responsabilità e a ruoli di guida che non richiedono il sacramento dell’Ordine da parte di donne e uomini non ordinati, sia Laici e Laiche, sia Consacrate e Consacrati; la sperimentazione di forme di servizio e ministero che rispondano alle esigenze pastorali nei diversi contesti; la pratica del discernimento ecclesiale ; l’attivazione di processi decisionali in stile sinodale; la sperimentazione di forme appropriate di trasparenza, rendiconto e valutazione; l’obbligatorietà nelle Diocesi e nelle Parrocchie degli organismi di partecipazione previsti dal diritto, e il rinnovamento delle loro modalità di funzionamento in chiave sinodale; lo svolgimento regolare di assemblee ecclesiali locali e regionali; la valorizzazione del Sinodo diocesano; il rinnovamento in chiave sinodale missionaria della Parrocchie; la verifica del carattere sinodale dei cammini dell’Iniziazione Cristiana e, in generale, dei percorsi formativi e delle istituzioni ad essi deputate.

Ci aspetta tanto lavoro, ma … non è una novità:

“Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare” (Mc 6,31).

Il lavoro è “tanto”, ma forse vale la pena “svolgerlo”, “iniziarlo”, “proseguirlo” (dipende dai cammini fatti dalle diverse Diocesi), abbiamo un “tempo” (2028 – Assemblea di Valutazione e Assemblea ecclesiale), proviamo a “spenderlo” con amore per la Chiesa, a “spenderlo” bene, ad impegnarci affinchè questi cammini siano davvero una “conversione sinodale” di noi stessi e delle nostre comunità.

Ripensiamo alla “conversione” secondo la logica di Gesù non era quella “conversione” a cui erano abituati i suoi contemporanei (teshuvah) il cambiamento per un ritorno: ci ha chiesto di “convertirci e credere”.

Due azioni “contemporanee”, non un “cambio di rotta”, ma convertirsi credendo.

Di fatto, il suo, è stato un “messaggio performativo”: ci ha chiesto di fare un annuncio che produce fatti e cambia la vita.

La Fede donata è salvezza.

E allora il “cammino sinodale” della Chiesa sarà un cammino sulle tracce della speranza, sui semi del Vangelo, perché è dovere della Chiesa, non solo in cammino sinodale, essere “sinodo”, rintracciare e segnare quelle orme di Cristo affinchè a tutti sia donata la possibilità di percorrerle, ricercare qui “semi” che quel seminatore ha sparso e che sono magari rimasti tra le pietre e tra i rovi, innaffiare quelli che sono caduti sul terreno fertile, curare tutti quei “germogli del Regno” e farlo con lo “stile” che è connaturato, quello dell’essere “insieme”, “assemblea dei convocati” per la missione, affinchè la Chiesa, con l’impegno di tutto il popolo, diventi un “sistema armonico” che con-sente Cristo.

Dobbiamo “camminare insieme come Chiesa” e mai dimenticare che dobbiamo “camminare con Cristo”, in quella “carovana” (synodia) per “seguire la Via, la Verità, la Vita” (cfr. Gv 14,6).