“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” è l’espressione italiana del motto di origine americana, e la piega drammatica che ha preso la guerra in Ucraina sembra materializzarlo, mostrandoci i muscoli di aggressore e aggredito.

Perché guerra chiama guerra: una cosa che avviata non si sa dove e come andrà a finire. Salgono nel mondo le apprensioni sul rischio di un conflitto nucleare, e l’escalation degli eventi bellici sembra generare una salutare riflessione – fors’anche paura – nella gente, aiutando a prendere coscienza che è necessario fare qualcosa di più – e chiedere qualcosa di più a chi ne ha il potere – che non solo ascoltare la voce roboante delle armi, le cronache dei giornalisti e le analisi degli osservatori; ossia l’attivazione di una grande opera di diplomazia.

La possibilità di una guerra senza più confini né limiti dovrebbe scuotere più di un governante a rendersi conto che oltre al confine odierno, che è già abbastanza avanzato, non bisogna andare, e che non potendo tornare indietro è saggio mediare subito. Le cronache ci raccontano di tutto ciò che è guerra e che essa rappresenta; nessuno racconta – perché forse non c’è nulla da raccontare – di mediazioni per una tregua e un cessate il fuoco, coscienti che, purtroppo, parlare di pace in queste condizioni risulta ancora difficile. Ma sarebbe un primo passo, indispensabile e urgente; una base di partenza per una pace da perseguire instancabilmente nel tempo, come chiede Papa Francesco.

Sappiamo chi è l’aggressore e chi l’aggredito, ma ripeterlo ogni momento non porta a nulla, ormai. Siamo andati oltre, sia per quanto accade sui campi di battaglia, sia per le conseguenze economiche che colpiscono popoli interi, e per questo possibili generatrici di conflitti a catena.

Non basta più condannare e sanzionare; “ancor più necessaria è una vasta coalizione di intenti e di assunzione di responsabilità in favore della pace” ha detto ieri pomeriggio il cardinal Zuppi, nella sua lectio magistralis alla Sapienza di Roma per il dottorato “honoris causa” in studi politici. “Vorrei ribadire, come ha detto papa Francesco, che la guerra è una resa vergognosa. Di fronte agli attuali drammatici conflitti europei e africani, occorre una solidarietà attiva in favore della pace capace di coinvolgere tutta la comunità internazionale”.

È arrivato il tempo di attuare ogni sforzo per evitare il disastro, che la situazione attuale, per altro, già fin troppo bene rappresenta e preoccupa, e davanti alla quale non possiamo più rimanere solo spettatori.