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La festa della Trinità ha una storia curiosa e interessante. Ai tempi di Carlo Magno, un monaco inglese di nome Alcuino (York 732-804) pensò di chiudere il tempo pasquale con una settimana di Messe votive di cui l’ultima (domenica dopo Pentecoste) in onore della Trinità. La celebrazione domenicale della Trinità si diffuse e seguì un suo cammino. Roma, per un certo tempo, si dimostrò poco favorevole a questa abitudine, ma dopo circa 500 anni, Papa Giovanni XXII (1316-1334), fissò la conclusione dell’ottava di Pentecoste con la festa della Trinità e, tale festa, fu estesa a tutta la Chiesa.

La Trinità, Dio Padre-Figlio-Spirito, è il Dio raccontato da Gesù di Nazareth. Egli frequentò la Sinagoga e crebbe nel rigido monoteismo ebraico. Col passare degli anni, nella preghiera, nella parola e nell’azione, Gesù visse e sperimentò un intenso rapporto d’amore con Dio, si sentì investito dalla benevolenza di un Padre Creatore, come Figlio suo. Nel suo camminare lungo le strade della Palestina, raccontò un Padre amoroso e provvidente, a cui rivolgeva la sua parola confidenziale e ne ascoltava la voce: “Sì Padre, perché così è piaciuto a te”. Contemporaneamente visse l’esperienza dell’azione misteriosa di Dio, la Ruah-Spirito di Dio che riempie di sé ogni cosa e suscita ogni vivente. Azione dello Spirito che passava nel gesto delle sue mani quando guariva malati o aiutava bisognosi. Questa azione-Ruah la raccontò spesso ai suoi come esperienza vissuta.

Nel momento del congedo, invitò i suoi a far discepoli tutte le genti nel nome del Padre raccontato e a battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt. 28,16-20).
Il racconto di un Dio Padre che genera figli e agisce come Spirito vivificatore, è il racconto dell’esperienza di fede di Gesù, che ci racconta un Dio indicibile e non raffigurabile, in cui Gesù credette e noi crediamo. Gesù svela l’evento della “benedizione originale e originante” (Gen. 1,27-28): siamo fatti a immagine e benedetti. Ogni uomo è un intreccio di originarie relazioni. Dio opera il mondo anch’esso intreccio di relazioni.

Di fatto, ogni giorno, noi cristiani segniamo il nostro corpo, cioè il nostro essere e il nostro stare nella storia, con il segno della croce, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito. Nello stesso segno è fatto ogni atto di fede, la celebrazione della messa, il sacramento, l’inizio e la fine della nostra storia personale e, per tanti, l’umanissimo incontro dello stare a tavola. Il segno della croce è, per cristiani e non, la preghiera più diffusa e praticata.

La festa della Trinità celebra il nostro essere e il nostro stare nel mondo. Ciascuno di noi esiste e vive nel mondo come “figlio di…”, “fratello, sorella di …”.
L’uomo è immagine e icona di Dio Trinità.

Benedetto XVI nell’Angelus del 7 giugno 2007 dice: “la prova più forte che siamo fatti a immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amore e viviamo per essere amati”. E così Sant’Agostino: “Se vedi la carità attiva, vedi la Trinità”.