3 aprile 1973. 45 anni fa. Un ingegnere americano di nome Martin Cooper, scende in strada a Manhattan con un telefono bianco, grande come una scatola di scarpe, pesante oltre un chilo, senza display, con una batteria capace di un’autonomia di appena 35 minuti a fronte di un tempo di ricarica di 10 ore. Compone il numero di telefono del suo rivale e dice: ”Noi alla Motorola ce l’abbiamo fatta, la telefonia cellulare è una realtà”. Il suo rivale era Joel Engel, ricercatore della Bell Labs.
Da quel momento è cambiata la storia della telefonia – mobile e non solo – ed è cambiata anche la nostra vita. In un vortice di tecnologia sempre più avanzata che ci fa credere che il cambiamento sia ancora sempre in atto, più stravolgente che mai. Probabilmente inarrestabile, anche se il mercato comincia a dare i primi segnali di saturazione. Con gli abbonamenti mobili – tra cellulari, tablet e chiavette per pc – in previsione di arrivare a 9,3 miliardi a fine 2018, ci stiamo avvicinando al giorno in cui il numero dei dispositivi supererà quello degli abitanti del pianeta.

L’uomo, fin dall’età della pietra, cioè da quando arrivò a scheggiarne una per costruire il primo utensile, sa che ci sono strumenti che cambiano la vita. E da quel momento in poi è stato un crescendo di scoperte e di invenzioni che ci hanno permesso di evolvere. In modo talvolta positivo, talvolta quantomeno dubbio.
Il cellulare è diventato parte di noi: a prescindere. Possiamo uscire di casa senza soldi, ma mai senza smartphone. Con lui, oltre a comunicare, possiamo fare molte altre cose: scrivere, fotografare, navigare, memorizzare, far di conto, leggere l’ora e far suonare la sveglia…
Ma l’uso di questo aggeggio è coerente con la nostra persona? Mentre lo usiamo, se ci guardassimo dall’esterno come in uno specchio, cosa penseremmo di noi stessi e gli altri cosa pensano di noi?
Il telefonino ha sostituito il giornale al bagno, rendendo infinite le attese per chi vorrebbe accedervi dopo di voi. Ha sostituito il menù nel ristorante: da una parte perché lo stesso menù è visibile dalle pagine di recensioni insieme alle foto dei piatti, i commenti e gli scontrini della spesa; dall’altra perché ormai non è tanto importante che cosa si va a mangiare, ma far vedere al commensale l’ultimo video pubblicato.
Messe, cerimonie, spettacoli, manifestazioni sportive, concerti… non si vedono più con i nostri occhi, ma attraverso lo schermo, anche nei momenti più inopportuni e impensabili. Se per guardare video, scattare foto, leggere commenti, bisogna tenere il telefono tra le mani, c’è un momento in cui sparisce. Sono entrate in funzione le cuffiette. Con quelle si cammina, si prendono i mezzi pubblici, si fa la spesa, si cucina, si effettua ogni altro tipo di azione con le mani libere. E’ la migliore occasione per parlare e gesticolare “da soli”, checché ne dica chi pensa che sembri una cosa un po’ “da matti”. Sono le situazioni, nostre ed altrui, in cui si arriva a mettere in piazza o ascoltare le storie di persone perfettamente sconosciute di cui veniamo a sapere di malattie, dolori, stranezze, felicità. Non vi è mai successo di aver voglia di fermare le persone e domandare il numero di telefono per richiamarle il giorno dopo e sapere cosa aveva finalmente detto il medico, o se Tizio aveva fatto pace con Caio? Non vi è mai capitato di intromettervi nelle conversazioni e magari elargire qualche consiglio? L’esordio potrebbe essere: “Mi scusi, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare quello che stava dicendo…”. Che reazione avete scatenato? L’uso del telefono in macchina modifica i comportamenti: chi ha il vivavoce necessariamente urla, sembra sempre arrabbiato (“Ce l’ha con me, con qualche altro automobilista o è qualcosa di personale?”, vien da chiedersi). Con la bella stagione e i finestrini abbassati, si potrebbero organizzare delle conversazioni di gruppo ai semafori, coinvolgendo l’omino che lava i vetri o che vende i fazzolettini. Di solito sono le persone che lavano i vetri che approfittano della distrazione al telefono: riescono sempre a poggiare la spugna sul vetro dell’auto e dare un servizio a chi non l’ha richiesto.
Uffa! Neppure al semaforo rosso si può stare tranquilli al telefono mentre si aspetta il verde! Eh già, anche questi sono problemi!

Cristina Terribili