Siamo al primo “ponte” dopo la pausa estiva per la ricorrenza dei Santi oggi e quella dei defunti domani, venerdi. Anche da quanto scriviamo nelle pagine interne (e da ciò che ciascuno può vedere in giro), sono sempre meno coloro che ne sanno qualcosa di queste due ricorrenze catalogate come “religiose” e quindi, estromesse quasi automaticamente dalla comune considerazione.

Molto di più si sa ormai della festa di Halloween, la festa delle zucche vuote! Per riallineare le cose è giusto ricordare che dare sepoltura in un posto definito e non lasciare i cadaveri dove capitava, esposti alle intemperie o in balia di animali, rappresenta una delle pietre miliari dell’evoluzione dell’uomo. I fatti che la Procura di Biella sta accertando, circa il mancato rispetto della cremazione dei cadaveri al tempio Crematorio di quella città, sembrerebbero dire che questa evoluzione è solo parziale. Anche di questo parliamo nelle pagine interne perché potrebbero interessare anche il nostro territorio, da cui alcune salme sono partite alla volta del Tempio di Biella. Da quelle parti, e molto dalla Lombardia, c’è chi si chiede che fine hanno fatto le ceneri e i resti dei propri cari, se verrà confermato che ceneri e resti finivano alla discarica pubblica.

L’uomo, nello stesso momento in cui si avvia a costituire le prime civiltà, stabilisce i luoghi ed i modi per prendersi cura di chi muore. Sofocle nell’Antigone o Omero nell’Iliade, ci raccontano della necessità di seppellire, o di permettere il rito funebre, per dare pace all’anima di chi è morto. L’anima deve potersi allontanare dal corpo e avviarsi verso l’aldilà, deve compiere un viaggio, verso il quale si deve avviare degnamente.

Se il rito non si compie, se non si chiude il cerchio, quell’anima non avrà mai pace, così come non avrà mai pace chi vive. Abbandonando la tradizione di andare sulla tomba dei nostri cari defunti per una preghiera, un gesto di rispetto e di ricordo, non possiamo dimenticare, per esempio (ma ve ne sono tantissimi, purtroppo) le madri di Plaza de Mayo, che non si daranno mai pace, non potranno mai ricominciare a vivere, non potranno mai elaborare il lutto e vivere la perdita dei loro cari perché non sanno dove sono stati –presumibilmente- “gettati”, non hanno tomba. Non è cosa da poco, non è cosa che si possa liquidare con il solo azzeramento del senso religioso che pervade la società odierna, e neppure che si tratti di qualcosa di “macabro” se poi è Halloween – l’apice dell’orrore – ad aver rimpiazzato tradizioni, sentimenti e ricordi.

Il pensiero a chi oggi si chiede cosa c’è dentro l’urna delle ceneri o dove siano realmente finite le ceneri del proprio caro e ha il sacrosanto diritto di saperlo, dovrebbe ricondurci al valore della commemorazione dei defunti il 2 novembre, e non solo in quella data.

Non arriveremo a fare come in certi Paesi dell’Est dove vanno al cimitero a fare il pic-nic per passare una giornata tutti insieme, nel ricordo di chi è morto. Ma anche la nostra società, come ogni società, ha strutturato nel tempo un rapporto diverso con la morte. Oggi andare a rendere un saluto ai defunti è qualche cosa che ci impegna, a volte moralmente, a volte è solo un dovere, sicuramente è un impegno che non possiamo delegare ad altri, almeno fino a quando non comparirà anche qui una app che consentirà di mandare un saluto o una preghiera, rimanendo a debita distanza e misurando così il grado della nostra civiltà d’oggi.