(di carlo maria zorzi) Chi è andato in Africa partendo dall’Italia e poi tra i diversi Paesi africani si è spostato per lavoro o per servizio, non ha potuto fare a meno di volare con la compagnia di bandiera etiope. Una tra le migliori del continente, arrivava dappertutto, raggiungeva capitali e città, insegnando a quelle che sono venute dopo, come si fa a connettere un paese con un altro. Su quel volo caduto domenica mattina, quegli 8 italiani periti servivano l’Africa e gli africani in quel mondo che si chiama cooperazione, di cui per vent’ anni anch’io ho fatto parte. Paolo Dieci, uno di quegli 8, era presidente dell’ong Cisp e di Rete Link 2007. Condivido il ricordo che ne fa la nostra Cristina Terribili; io lo incontrai, lei ebbe modo invece di lavorare con chi lo conosceva o lavorava con lui. Ma entrambi conosciamo quelle rotte che sorvolano le terre africane.

(di cristina terribili) Sul telefonino appare una notizia, una delle tante che di solito leggo di sfuggita, solo il titolo. Questa volta però l’immagine è quella di un aereo dell’Ethiopian Airlines. Spesso ho percorso la tratta Addis Abeba – Nairobi per raggiungere altri paesi africani, è una sorta di passaggio obbligato prima o dopo una missione, con il bagaglio carico di sapori e colori.
Questa notizia non passa oltre come altre, rimane lì, nella testa, mentre la domenica avanza nelle incombenze varie. Le informazioni si fanno più precise: tra le 157 vittima 8 sono italiane, impegnate nella cooperazione internazionale. Cerco nella mia mente, di pensare a quante, tra le persone conosciute, sarebbero potute essere su quel volo. Ma anche in questa occasione non vado oltre. Lascio che la notizia rimanga li. Penso a mia madre. Mi chiedo se abbia letto la notizia e se abbia collegato quella notizia a me, ad un passato dove io partivo e lei rimaneva ad attendere il ritorno. Poi Carlo, il nostro direttore, mi avvisa che tra le persone coinvolte nell’incidente c’è Paolo Dieci. Un nome per nulla nuovo, una persona che non ho mai conosciuto personalmente ma dai racconti e dai ricordi di chi lo conosceva, o di chi aveva lavorato per la sua organizzazione, era uno con i piedi per terra ma con il cuore impegnato nel fare qualcosa che a volte è difficile spiegare. E così una notizia di qualcosa di lontano, diventa vicina, ti appartiene, perché ti appartiene un mondo, un mondo fatto di persone che si mettono al servizio di valori che oggi fanno fatica ad essere riconosciuti. Chi ti ha conosciuto ti descriveva come una persona concreta, che non voleva salvare il mondo ma che credeva nelle azioni e nei progetti, anche piccoli, che aiutano popolazioni meno fortunate di noi. Una persona con cui era possibile parlare e che lascia un vuoto tanto grande.