Foto: Pont Canavese, Santa Maria in Doblazio

Noi percorriamo oggi le strade e calpestiamo i sentieri sui quali hanno camminato per secoli i nostri antenati. I valichi alpini erano già praticati dai Taurini e dai Salassi, dai Celti e dai Romani, dai Franchi e dai Burgundi, che salivano sulle montagne non per fare sport, ma in cerca di spazi e risorse, come migranti o mercanti, a volte come guerrieri alla conquista di nuove terre.

Il Canavese conobbe molte invasioni: quella dei Galli, o Celti, che nel VI secolo a.C. scesero attraverso il Piccolo e il Gran San Bernardo; quelle degli Ostrogoti e dei Burgundi (V sec. d.C.), dei Longobardi (fine del VI secolo) e dei Franchi (774 d.C.), infine degli Ungari che verso la fine del IX secolo saccheggiarono e devastarono fino alla Valle d’Aosta. Gli insediamenti del neolitico, dell’età del bronzo e della prima età del ferro erano in qualche modo tra loro collegati.

Dopo aver sconfitto e sottomessi i Salassi, i Romani si preoccuparono di collegare la colonia di Eporedia con il sistema stradale che si andava sviluppando nella Gallia Cisalpina. Di fondamentale importanza era la Via Postumia, che dalla costa ligure giungeva ad Aquileia. Da essa si staccavano le arterie che portavano a diverse città, tra le quali Ivrea. Da Piacenza una via publica conduceva a Mediolanum, da dove partiva la Via Gallica, che attraverso Vercelli e Ivrea giungeva ai valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo.

Tra Vercelli e Ivrea essa passava per Santhià e Cavaglià, aggirava il lago di Viverone e proseguiva ai piedi della Serra fino a Bollengo e di qui a Ivrea (cfr. G.D. Serra, Contributo toponomastico alla descrizione delle vie romane e romee nel Canavese, rist. Cuorgnè 1993). Secondo Paolo Cavaglià, il tratto da Ivrea a Vercelli passava invece per Albiano, aggirava il lago dalla parte di Azeglio, superava la morena al “Sapel da mur”, un varco al culmine del vallo longobardo, scendeva verso Alice Castello e proseguiva per Santhià e Vercelli (Contributi sulla romanità nel territorio di Eporedia, Chivasso 1998, pp. 191-201).

Sempre lungo la Via Postumia, a Dertona (Tortona) iniziava la Via Flavia diretta ad Augusta Taurinorum. Una delle tappe della via publica da Ticinum (Pavia) ad Augusta Taurinorum era Quadrata (nel territorio di Verolengo): non una semplice mutatio (cambio dei cavalli), bensì una mansio attrezzata per ospitare, presso la quale stazionava una guarnigione di
soldati Sarmati.

Da Quadrata partiva una strada che andava a Eporedia lungo la riva destra della Dora Baltea, sul margine del terrazzamento fluviale. Un ponte sulla Dora nei pressi di Mazzè (il Pons Copacii) metteva in comunicazione il territorio eporediese con quello di Vercelli (Contributi sulla romanità nel territorio di Eporedia, pp. 229-238).

La cosiddetta Taubula Peutingeriana, copia medievale di un’antica carta stradale romana del IV secolo, segnala la strada da Torino a Ivrea con una semplice linea retta. Diversi studiosi, sulla base dei reperti archeologici e della documentazione medievale, hanno cercato di definirne il percorso. Secondo Giandomenico Serra, quella strada passava per Volpiano e Rivarolo, dove un guado sull’Orco consentiva di proseguire verso la morena frontale dell’anfiteatro morenico.

Giorgio Cavaglià è invece dell’idea che, dopo Volpiano, quella strada passasse per San Benigno e Foglizzo (guado sull’Orco), Montalenghe e Scarmagno (Contributi sulla romanità, pp. 214-220). Teresa Cerrato Pontrandolfo ha proposto un altro percorso, che dalla bassa valle Stura andava all’Alto Canavese attraverso la Vauda e, grazie al guado di Rivarotta, proseguiva verso Ivrea (Lo sviluppo della rete viaria, in G. Cresci Marrone, E. Culasso Gastaldi, “Per pagos vicosque”. Torino Romana tra Orco e Stura, Padova 1988, pp. 186-193).

Nel quadro delle strade romane s’innestò la rete di vie medievali, che probabilmente ricalcavano quelle di età pre-romana. Una strada conduceva da Ivrea alle valli canavesane del Chiusella, del-l’Orco e del Soana. Innume-revoli erano i tratti minori, che collegavano tra loro villaggi e borgate. Molte di esse sopravvivono, altre sono ridotte a carrarecce o semplici sentieri, altre ancora sono scomparse. Particolare importanza assunse la via Romea, detta anche Francigena, percorsa dai pellegrini che dall’Europa settentrionale si recavano a Roma. Il suo ramo principale era quello di Ivrea e Santhià; ma non mancavano altri percorsi, come quello che toccava l’abbazia di Fruttuaria.

Un aspetto rilevante dalle vie romane e medievali è quello messo in evidenza da Aldo A. Settia, che l’ha documentato per il territorio compreso tra Tanaro e Po (Chiese, strade e fortezze nell’Italia medievale, Roma 1991). Si tratta della continuità tra pagus romano e pieve medievale, allorché questa sorge sulla medesima strada, principale o secondaria, di epoca romana.

Importante al riguardo è il Liber decimarum della diocesi eporediese degli anni 1368-1370, nel quale – oltre alle cinque chiese urbane – sono elencate 15 chiese del circondario di Ivrea, che costituivano probabilmente l’antica pieve urbana (G. Andenna, La cura delle anime nel XIV secolo, in Storia della Chiesa di Ivrea). Tra di esse era la chiesa di Albiano, lungo la strada da Ivrea a Quadrata, e quella di Montalto Dora, dedicata a S. Eusebio, lungo la strada che da Ivrea conduce ad Aosta. La chiesa plebana di Settimo Vittone è a breve distanza dalla stessa.

Lungo la strada per Quadrata erano le chiese plebane di Vische e Rondissone. Altre due chiese plebane eporediesi erano di là della Dora: Areglio (oggi frazione di Borgo d’Ale, presso Alice Castello), alla quale conduceva una strada che passava per Borgomasino, e Uliaco (oggi scomparsa; era nei pressi di Villareggia), che era collegata alla strada per Quadrata grazie al Pons Copacii di Mazzè. Le chiese plebane di Ozegna e di San Martino Canavese si trovano lungo la strada da Torino a Ivrea via Volpiano e Rivarolo.

Lungo la strada dell’Alto Canavese sorge la chiesa di San Ponso, a breve distanza dall’antica Canava e dal guado di Rivarotta. Lungo la stessa strada sono altre chiese plebane della diocesi di Torino: San Maurizio Canavese e Ciriè. Presso la strada che va da Ivrea a Castellamonte è S. Maria di Vespiolla, nelle vicinanze di Baldissero.

Dalla medesima si diparte la strada della Valchiusella, che raggiunge le chiese plebane di Issiglio, Lugnacco e Brosso. Santa Maria in Doblazio, Pont Canavese, sorge all’inizio della strada della valle di Locana. L’antichità di quest’ultima pare confermata dal ritrovamento nelle sue vicinanze di un grande masso erratico con numerose coppelle incise e di un insediamento risalente al neolitico medio (P. Venesia, Il Medioevo nel Canavese, vol. III, pp. 228s).