Il loro Tim era “una fragile anima artistica in cerca di risposte esistenziali, un perfezionista estremo che lavorava e viaggiava ad un ritmo talmente alto da avere uno stress enorme. Quando ha smesso di fare tour voleva trovare un equilibrio per essere felice e fare la cosa che più amava: la musica”.
“Lottava con i suoi pensieri sul significato della vita, della felicità. Non ce la faceva più. Voleva trovare pace. Tim non era fatto per la macchina del business in cui si è ritrovato, era un ragazzo sensibile che amava i suoi fan, ma schivava la luce dei riflettori. Tim sarai amato per sempre e ci mancherai. La persona che eri e la tua musica terranno viva la tua memoria. Ti vogliamo bene, la tua famiglia”.
Così i parenti hanno ricordato il musicista e d.j. svedese Tim Bergling, meglio conosciuto come Avicii, morto a 28 anni il 20 aprile a Muscat nell’Oman, in circostanze misteriose.
L’insoddisfazione e la palese demoralizzazione rappresentano la malattia dell’uomo moderno. Anche per chi è più dotato e talentuoso, pur conquistando ogni successo, pienezza e pace non sono possibili.
Federica, bella ragazza romagnola, diventa infermiera per aiutare chi soffre. Lavorando in diversi ospedali lombardi e piemontesi, trova l’Amore della vita e si fa missionaria comboniana. Da allora la passione della sua vita è portare agli africani la tenerezza che l’ha conquistata, affinché sperimentino la sua stessa gioia e pace.
Prima Ciad, poi Uganda per specializzarsi anche in ostetricia, ora le foreste della Repubblica Centrafricana. I pigmei della jungla accorrono all’ospedale perché c’è una “madre” che li guarda e li cura come se ognuno di loro fosse unico. Anche se hanno tanti malanni, quando arriva il loro turno, si sentono bene, in pace.
Che abisso è il cuore umano. In sanscrito Avicii vuol dire letteralmente “senza onde”, e rappresenta nel buddhismo l’ultimo livello dell’inferno. Tim non ha trovato la pace e le onde della vita lo hanno travolto. Eppure, Tim, ci sei fratello per il tuo desiderio di felicità e pace.
Come il pigmeo della foresta centrafricana avresti dovuto incontrare lo stesso sguardo di Suor Federica che parlava al tuo cuore: “Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Isaia).

Filippo Ciantia