La Solennità che siamo chiamati a vivere questa domenica, ci pone di fronte ad una scena di Vangelo molto intensa e quasi plastica.“Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia”. Elisabetta si fida e affida, e nella sua umanità lascia che la Grazia di Dio agisca.
“No, si chiamerà Giovanni!” Per lasciarsi abbracciare completamente da Dio, prima di tutto bisogna esserci, dire “Si, eccomi”. Elisabetta ha detto il suo “SI”, ma in questo brano, per esserci fino in fondo, ha dovuto dire forte anche il suo “NO”. Elisabetta deve dire no a tutto ciò che è vecchio, passato, lasciare spazio alle “cose nuove” e meravigliose che Dio ha in serbo per l’umanità.
Il nome è la cosa più personale che ci viene attribuita venuti al mondo, prima di quel preciso istante siamo senza un’identità, senza la nostra personale identità, quella che ci contraddistingue. Quando si è appena nati nessuno ci conosce, nessuno sa quale sarà il nostro carattere, quali le nostre aspirazioni, il nostro colore preferito o in quale sport andremo meglio. Siamo il nome, che qualcun altro ci ha attribuito.
La persona che ci conosce più delle altre, che in nove mesi ha imparato a capirci o per lo meno ci ha provato, lascia spazio nel suo cuore al nostro nome, alla nostra identità. L’amore di una madre rende possibile tutto questo. Ai suoi occhi noi non siamo figli di un passato che abbiamo ereditato, siamo cosa nuova.
E agli occhi di Dio? Ecco che questa pagina di Vangelo suona chiara: Dio ci conosce, Dio sa chi siamo.

Il no di Elisabetta è un NO forte, deciso e decisivo. È il NO di chi ha sentito che non c’è amore più grande di quello di Dio. Perché Dio ti stravolge la vita: Dio sa perfettamente chi siamo e di cosa abbiamo bisogno. E per lasciarsi stravolgere la vita da Lui bisogna cambiare nome.
Noi siamo abituati ad una serie di cose che devono essere fatte così come si sono sempre fatte, nasciamo e veniamo inseriti in un sistema di pensiero prestabilito, ma per accogliere Dio dobbiamo cambiare il nome delle cose, cambiare la nostra condizione.

In questo Vangelo i nomi hanno un ruolo significativo: Zaccaria, il nome ereditato, quello che doveva essere così, significa “ricordare”, dall’ebraico. Fare memoria di un passato glorioso, di liberazione, importante sicuramente. Il nome che Dio ha scelto invece è Giovanni, che significa “Dio fa grazia ora”. Dio ora, nel presente, risponde e fa cosa nuova. “Chi è in Dio è una creatura nuova”. È necessario ricordarsi che Dio fa nuove tutte le cose e non tutte le cose nuove.
“Che cosa diventerà mai questo bambino?” si chiedeva la gente che veniva a conoscenza dei fatti. Questo bambino è la risposta alla grazia di Dio, è destinato a fare grandi cose per Colui che ha chiamato alla novità sin dal grembo materno.

Sarebbe bello poter spiegare ai ragazzi della mia età che il loro vero nome è Giovanni e non Zaccaria, che Dio parla loro ora, e che non sono solo il risultato di un passato glorioso, ma sono il risultato della Grazia di Dio ora, presente!

Cristina Simoncini – Animatrice salesiana
Istituto Missionario Salesiano Cardinal Cagliero