Nell’immagine di apertura, sull’Altare del SS.Sacramento in Cattedrale, l’urna di S.Savino oggi non è nello scurolo, perchè già esposta per la Festa –

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(elisa moro) – San Savino Vescovo e Martire: forte è l’immediato e affettuoso legame con la città di Ivrea e con l’intramontabile tradizione dei cavalli.

Agli occhi di un turista o di un pellegrino sorgono però alcune comprensibili curiosità: come mai un Santo di Spoleto patrono di Ivrea?

Come mai si festeggia il 7 luglio, quando la sua memoria liturgica cadrebbe in inverno?

Quale significato hanno assunto i cavalli all’interno della festa?

Savino, un …Eporediese adottivo!

Vissuto nell’ “aera martyrum” del III secolo, sotto la violenta persecuzione di Diocleziano, Savino (o Sabino) nacque presumibilmente a Sulmona, da una famiglia pagana nobile.

Battezzato e profondamente cristiano sin da giovane, desideroso di servire Dio, sotto la “guida del Suo Angelo Custode” – come sottolineano le sue agiografie – si allontanò dalla casa paterna, per condurre un’iniziale vita eremitica nell’attuale territorio di Fusignano, presso Ravenna.

In seguito, seguendo la volontà divina, si recò a Spoleto (per altri storiografi anche Assisi, divenuta sede vacante) dove confermò, con prodigi e miracoli, il Vangelo che annunciava, conquistando la stima degli abitanti della città che lo elessero Vescovo.

Subì il martirio, secondo la tradizione, il 7 dicembre, sotto Massimiano, Cesare d’Occidente, nei primi anni del IV secolo e fu sepolto a Spoleto, circondato da un’indiscussa fama di santità.

Come arrivò a Ivrea?

La versione tradizionale del racconto vuole che, nel 1012, le reliquie furono traslate da Leone, duca di Spoleto, della famiglia dei marchesi di Ivrea, il quale, fuggendo da una terribile pestilenza, pensò di visitare suo cugino “Ardoino” (Arduino), re d’Italia, portando con sé le reliquie del Santo, sigillate in una cassetta.

Eventi prodigiosi segnarono l’arrivo (il 24 gennaio del 1012) dei resti mortali del Santo, quali a simboleggiare la predilezione di Savino verso gli eporediesi, tra cui la guarigione di uno sciancato, al punto che città intera decise di eleggerlo qual Patrono principale, ponendo le sue reliquie presso l’altare maggiore della Cattedrale.

Andando ad indagare le circostanze storiche della traslazione, bisogna tuttavia ritornare, a ritroso, all’epoca ottoniana, quando, mentre Berengario II d’Ivrea era sovrano d’Italia (950 – 961 circa), a ricoprire l’incarico di Duca di Spoleto si sono alternate varie figure: Bonifacio, Teobaldo e poi Trasmondo. Vedendo l’incertezza del ducato e mosso dal desiderio di vendicare il fratello Anscario, sconfitto dagli spoletini, Berengario decise, nel 955 di intraprendere una campagna militare contro Spoleto.

Con la comparsa di una improvvisa epidemia pestilenziale tra i soldati e a causa del conseguente insuccesso della campagna militare, Corrado (Conone o Leone – duca mancato di Spoleto), figlio di Berengario, in segno di massimo dispregio – maxima iniuria – per gli spoletini, trafugò le reliquie dalla Basilica del Santo, portandole ad Ivrea ed eleggendo così il Vescovo Savino come patrono e protettore contro le pestilenze.

Il 7 dicembre, il 24 gennaio oppure il 7 luglio? Seguendo il racconto della Passio del Santo, il Dies Natalis dovrebbe cadere al 7 dicembre.

Ad Ivrea la festa veniva celebrata, un tempo, il giorno 24 gennaio, in cui si ricordata l’arrivo in città delle reliquie del Santo, traslatevi da Spoleto, e la guarigione dello storpio.

Con Monsignor Michele Vittorio de Villa (nell’immagine qui sopra il busto che gli è dedicato in Cattedrale), Vescovo di Ivrea (1741 – 1763), si danno avvio dei profondi cambiamenti, anche riguardanti la festa dal Santo Patrono:

“A causa delle nevi e dei ghiacci che occorron in tale stagione” – così riferisce l’amministrazione comunale eporediese al Real Senato – “s’impediva per la maggior parte delle volte il concorso del popolo alla Cattedrale di detta Città”.

Grazie alla sapienza pastorale del Vescovo, che non esitò, il 2 febbraio 1744, nel chiedere e ottenere il permesso alla Congregazione de Riti di spostare la memoria liturgica al 7 luglio, San Savino è diventata festa di precetto per tutta la Diocesi, fatto salvo il periodo napoleonico.

Le reliquie vengono quindi traslate in una nuova Urna, in legno intarsiato e dorato, dotata di cristalli e donata dal Comune il 2 luglio 1744, in modo da poter essere solennemente portate in processione.

Patrono dei cavalli?

Viene da domandarsi dove nasca la tradizione legata al mondo equino, tanto cara agli eporediesi.

Tutto trae origine dal nome antico della città di Ivrea, Epo (cavallo) e Reda (carro), da cui il nome romano di Eporedia, nel corso dei secoli trasformato in Evriae, Eborgia, Yporegia… Una passione per i cavalli che si trasmette di generazione in generazione e che trova il suo culmine proprio nella fiera in onore a San Savino.

La stessa urna del Santo viene portata, ogni anno, su una splendida carrozza, sul percorso che, secondo la tradizione, le reliquie del Santo fecero giungendo in Città.

Un Santo in carrozza (reda), trainato da due cavalli (epo)…

Un Santo eporediese!

Ecco come, con affetto, ogni anno, gli eporediesi, vogliono celebrare e festeggiare Savino, che certamente non ha conosciuto, in vita, le terre canavesane, ma che, in una paternità spirituale capace di oltrepassare ogni limite umano, continua ad essere il Celeste Patrono e protettore.