(Editoriale)

Il recente svolgimento della giornata diocesana degli operatori pastorali, celebrata lo scorso 30 novembre, impone una riflessione non solo per chi è impegnato direttamente nella comunicazione sociale ed ecclesiale, ma per tutti coloro che gravitano in quel variegato mondo della pastorale e che non possono più bypassarla.

C’è ancora un po’ ovunque chi pensa che non sia così necessario aggiornarsi e che le modalità di comunicazione di ieri vadano bene anche oggi, tanto il messaggio da trasmettere non cambia.

Vero, il messaggio non cambia ma cambiano gli interlocutori ed in particolare le nuove generazioni, che stanno marcando una distanza notevole dal messaggio che abbiamo e che vogliamo trasmettere. Non certo per la qualità del contenuto, che comunque molti non conoscono quasi più, ma per la sua trasmissione su lunghezze d’onda differenti.

Non è necessario fare esempi, perché ciascuno – se ben ci riflette – ha i propri e basta avere lo spirito giusto per fare un minimo di analisi e capirne le criticità.

Da queste righe ci permettiamo di suggerire l’iscrizione al sito https://www.anicec.it/ dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei, per accedere ad un nuovo, stimolante e moderno ambiente di formazione permanente che va oltre il semplice insegnamento a distanza sulle discipline della comunicazione.

Persino i capi di questo sistema già maturo e solido nel tempo hanno sentito il bisogno di rilanciare il percorso formativo e modernizzarlo. Se lo hanno sentito loro che sono esperti di comunicazione ancor più dovremmo sentirlo noi che ci esercitiamo alla comunicazione con approssimazione dentro e fuori le chiese, dentro e fuori gli oratori, dentro e fuori gli ambienti ecclesiali e curiali.

Ma quella richiesta di rinnovamento è venuta dal territorio – già, eppur si muove –, in particolare da alcune realtà che hanno capito il ritardo formativo nella comunicazione della Buona Novella, che si materializza in tante forme ed espressioni, ma alla cui base c’è comunque una modalità sulla quale insistere; perché la vita è comunicazione, la fede è comunicazione e comunicare non è facoltativo.

Spiegava Papa Wojtyla nel suo messaggio per la 35a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “Oggi proclamare la fede dai tetti significa proclamare la Parola di Gesù nel mondo dinamico delle comunicazioni sociali e attraverso di esso”.

E ancora: “La Chiesa non può non impegnarsi sempre più profondamente nel mutevole mondo delle comunicazioni sociali”.

Formarsi alla comunicazione, per usare le parole del direttorio sulle comunicazioni sociali, “è certamente la scelta prioritaria che la comunità ecclesiale deve mettere in atto, in considerazione del nuovo clima culturale e in vista di una credibile opera di evangelizzazione.

Se la comunicazione guarda tutta la comunità, la conseguenza è un impegno formativo rivolto a tutti i responsabili, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose, catechisti, animatori pastorali ed educatori. La formazione è la condizione di partenza per preparare operatori competenti ed efficaci”.

Il ritardo è notevole e il momento per accedervi non può essere posticipato.