Non basta mai, perché da utile è diventato indispensabile, superando la sua normale collocazione e funzione di sinergico, complementare e sussidiario allo Stato. Il Volontariato. La legislazione – e la burocrazia che si porta appresso- sta facendo somigliare sempre di più il volontario ad un lavoratore e le associazioni di volontariato a delle imprese. La burocrazia taglia le ali al volontariato che fatica a mantenere la propria autonomia all’interno delle istituzioni che, a loro volta, non possono più farne a meno. La figura del volontario si snatura e da scelta libera diventa, anche per le associazioni, un impegno costante all’interno di un meccanismo (sostanzialmente quello statale) che rischia di fargli perdere la libertà che lo contraddistingue. Non da ultimo, questo assorbimento del volontariato in seno all’istituzione lo carica di adempimenti burocratici che rendono difficoltosa la gestione dei progetti, che è poi il vero mandato del volontariato. Insomma, la sua importanza e indispensabilità, potrebbe essere per il Volontariato la causa della sua stessa crisi. Anche se le statistiche nazionali lo danno in aumento dell’11% e con esso anche il numero delle Associazioni.

Aumentano le donne che fanno volontariato e qualche volta il volontariato si è rivelato una strada di accesso ad un posto di lavoro. Ma non per tutte; tra le Associazioni c’è chi lamenta un calo dei volontari; dei giovani perché studiano nelle grandi città e ritornano poco a casa, dei lavoratori perché il posto di lavoro oggi è più esigente che in altri tempi e dei pensionati. No, quelli no. Burocrazia asfissiante e età avanzata dei volontari sono i due punti su cui i nostri interlocutori fanno fronte comune. L’età del volontario è avanzatissima; si lavora fino a tarda età e a tarda età – con anche tutte le normali limitazioni del caso – si va a fare un po’ di volontariato. Ci accorgiamo che le Associazioni che vivono queste situazioni e che cominciano ad avere il fiato corto iniziano a vedere intaccato anche il valore e le ragioni delle scelte.

Abbiamo preso in considerazione trasversalmente il settore del volontariato; da chi fa del sociale, chi assistenza, salute, ambiente, cultura, emergenza, animali. Nelle pagine stesse del nostro giornale, oggi come in ogni edizione del giovedì, scriviamo delle tante iniziative che pullulano nelle città e nei paesi; si reggono tutte sul volontariato. Guai se non ci fosse ma, forse, guai anche a diventarne dipendenti in questa maniera così accentuata ed indispensabile, passando per un’azione di sostituzione delle istituzioni pubbliche che avrebbero il compito prioritario di eseguire questa o quell’altra funzione, questo o quell’altro servizio. Se alcune Associazioni lamentano il calo dei volontari perché incapaci di trasmettere valori e far capire la bontà di impegnarsi a servizio di qualcuno, dall’altra c’è chi ha puntato – con una strategia che si rivela vincente – sull’appartenenza.
Oggi la buona volontà non basta più per fare il volontario; non ci si improvvisa. E anche i fattori disponibilità e tempo hanno preso connotati diversi e meno vincolanti col passare degli anni. Oggi anche il volontario ha la sua carica di responsabilità, non può esimersi dall’essere preparato e transitare per dei corsi di formazione che danno accesso ai servizi da erogare. La formazione –non solo tecnica- è ormai una costante, e certe associazioni sono particolarmente severe nel dispensarla ed esigerla dai loro volontari. Ma non sembra questa una causa di flessione del volontariato. Anzi, il volontariato flette, diminuisce, laddove la richiesta di impegno è debole, anonima, con poco senso, poco impatto e poche motivazioni. Certi ambienti tristi, slavati, conflittuali, senza energie stanno schiattando. Laddove si chiede poco impegno, poco impegno si riceve.

La formazione va di pari passo con l’appartenenza. Sembra questo il vero motore per fare volontariato. Fare, tanto per fare, non attira più. E se è vero che l’elemento mancante nella società di oggi è proprio l’appartenenza (come si può oggi appartenere ancora a un partito, a un sindacato, ad una istituzione…?) ecco che il volontariato si presenta come l’ultimo baluardo per stare insieme, condividere, fare amicizia, aiutare, sentirsi utili a qualcosa e a qualcuno. Chi porta la divisa –senza farne un vanto e un elemento di differenza- sente l’obbligo di sentirsi migliore, e quindi più spinto al sacrificio e al dovere. Le Associazioni devono impegnarsi di più e meglio su questo fronte per far valere le ragioni dello stare insieme dentro a un contesto. Un contesto che oggi è variegato, talvolta frantumato, non sempre chiaro e identificabile. Persino ingannevole, quando il calo dell’utenza viene scambiato per un successo e non piuttosto per quello che è veramente; ossia il calo della qualità del servizio offerto, della presenza, dell’approccio e dell’accompagnamento. Chi si occupa di persone, chi di animali, chi di ambiente… il ritornello non cambia. Focalizzarsi sul servizio sminuendone il valore per semplificarlo in modo che tutti possano farlo e sui tempi di disponibilità – qualche ora ogni tanto- sembra invece creare l’effetto opposto. Perché se scelta deve essere, lo sia nella sua pienezza.

C’è poi il contesto in cui si è nati, dove si è vissuto e che per alcune Associazioni gioca un ruolo rilevante. L’era Olivetti, e ciò che ha rappresentato per la generazione dei pensionati di oggi che hanno lavorato in quegli stabilimenti e in quegli uffici, ha avuto un impatto che oggi non c’è più. Essa contribuiva alla formazione di un certo quadro economico e alla diffusione di valori etici che forse ora si sono raffreddati. C’è chi lo sostiene. Come sostiene che a livello attuale c’è nei giovani una difficoltà notevole: quella legata al lavoro e ad altre preoccupazioni che rivestono probabilmente nella loro vita un ruolo prioritario rispetto al volontariato. Ma anche qui le opinioni divergono. I giovani che aderiscono alle spinte del Volontariato sono generosi ma puntano su un certo tipo di servizio; quello legato all’universo dei diritti, del disagio e delle dipendenze. Quindi con una preparazione accademica, culturale e umana di un certo livello e qualità.
L’umanità dei volontari. E’ data per scontata o è dimenticata a vantaggio della preparazione professionale? L’una senza l’altra portano allo stesso risultato di un servizio erogato con efficienza ed efficacia? Il giusto equilibrio è l’opzione maggiormente adottata.

Il reclutamento dei volontari, poi, passa per strade molto diverse e per qualche Associazione non passa proprio, nel senso che resta solo una speranza senza nessuna azione specifica che la nutre e la rende realtà. Chi si sente più forte grazie al servizio che offre sa di poter contare sulla visibilità della propria azione per poter attirare nuove leve e rinvigorire qualitativamente e quantitativamente i propri ranghi. Chi ha il fiato sul collo della crisi non esita a riconoscere che sarà necessario modernizzare il servizio in sé, per proporre un volontariato più moderno, effettivo, esigente.
Il passaparola non viene disdegnato e l’idea di coinvolgere i disoccupati sembra non fare breccia, se non correndo il rischio di ingarbugliare ancora di più un rapporto tra volontariato e istituzioni dove i condizionamenti minano l’essenza stessa di uno e dell’altro.

carlo maria zorzi
(con il contributo di Susanna Porrino, progetto alternanza scuola lavoro Liceo Botta – Il Risveglio Popolare)