Sono stato invitato ad uno spettacolo di teatro scritto e interpretato da una amica. Mi aspettavo le poltrone rosse, il guardaroba all’ingresso e il sipario di velluto; mi sbagliavo alla grande. Il locale è un ex mercato, che ad occhi poco allenati, può avere tutta l’aria della soffitta della nonna, ricolma all’inverosimile di oggetti strambi e persino di dubbio gusto. In realtà è un interessante polo di arte vissuta, un vero punto di aggregazione e di scambio di idee: cosa che ho percepito fin da subito.
All’ingresso un pubblico giovane e frizzante, molti gli amici degli attori. A rendere il clima ancora più familiare il palco arrangiato e le sedie tutte diverse, come quando aggiungi un posto a tavola per il cenone di Natale. Così familiare che per vedere bene ho seguito tutto lo spettacolo in piedi (ma non mi è pesato, faceva parte del gioco).
Il titolo dello sceneggiato, “XY”, dice tutto e niente, la scenografia bianca e asettica trasmette ancora meno. E questo è l’obiettivo degli autori, Chiara Ferlito e Matteo D’Incoronato, che in scena hanno un solo personaggio in due. O meglio, le due parti dello stesso protagonista.
La storia è la crescita di un ragazzo dalla nascita alla fase adulta e consapevole, raccontata per quadri, vissuta e narrata dai due emisferi del cervello. X, la parte più passionale, creativa e spontanea; Y quella più macchinosa, incasellata e fragile. La prima personificata al femminile, la seconda al maschile. I temi sono i classici, dalla nascita, l’immaginazione senza freni fra vulcani, oceani e onde di fuoco, per poi passare all’adolescenza e alla scoperta di sé, in tutte le sue sfaccettature.
Dalle stelle alle stalle, con l’università, i problemi esistenziali e i fallimenti cronici; si passa ad un’aria più tesa in cui il 90% dei presenti in sala si è immedesimato almeno per un attimo. Si termina poi con la ritrovata armonia fra i due emisferi, già concepita immaturamente nei primi istanti, tanto agognata in tutto lo spettacolo e ricomposta ora con maturità. In fondo è questo il diventare adulti: trovare l’equilibrio. Che lo si metta in scena scindendo una generica idea di psiche, oppure indagando la relazione fra anima e corpo poco cambia, in questo caso il risultato è d’effetto e più efficace su un pubblico che neanche più si interroga sull’anima.
Certo, c’è una grande assente in tutta la messa in scena: la realtà del trascendente, quella di Dio. Questa però è proprio “la” grande assente nei ragionamenti dei giovani che, spesso per paura di affrontarla la ripugnano e la cacciano in fondo al cuore, ferendosi gravemente.
Ma la dimensione umana è assolutamente incomprensibile senza un anelito divino. Accontentiamoci per ora di un eccezionale spaccato su una realtà che tutti abbiamo prima o poi vissuto, in attesa di alzare gli occhi al Cielo e puntare più in alto.