(Cristina Terribili)

In quella famosa area spazio-temporale che tutti conoscono come “Zona Cesarini” si situa l’approvazione del bonus psicologo di qualche giorno fa. Al di là del fatto che auspichiamo che questo bonus sia l’inizio di un percorso, ci sembra opportuno promuovere alcune considerazioni.

Quando parliamo di diritto alla salute, intendiamo anche quella mentale. L’Organizzazione Mondiale alla Sanità, considera il benessere come il più alto livello possibile di salute fisica, mentale e sociale che la persona può raggiungere. L’essere umano è considerato a tutto tondo, ogni aspetto che lo compone ha valore e l’equilibrio della persona deve essere armonico e comprensivo di tutte le sue parti. Garantire la salute mentale a tutti significa occuparsi di quell’aspetto della persona che è stato sempre in ombra perché coperto da pregiudizi, da sofferenze individuali e familiari che non potevano emergere.

Il bonus psicologo, varato dal governo, sarà usato in gran parte per sostenere le strutture pubbliche perché la presenza dello psicologo è compresa nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Lo psicologo rientra in quelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. Così come andrà a sostenere sportelli di ascolto nelle scuole. Una parte del bonus sarà poi devoluta ai singoli cittadini che potranno intraprendere un percorso psicologico, secondo modalità che saranno via via definite. Il sostegno psicologico è una “prescrizione” che potenzia, affianca, aiuta a diminuire l’uso dei farmaci in tutta una serie di patologie, non solo a carattere psichiatrico, e che garantisce il mantenimento di uno stato di salute più a lungo e con minori esborsi economici dello Stato.

La pandemia ha esacerbato una condizione di disagio profondo che già esisteva. Depressione, violenza domestica, abuso di alcool e droghe, gioco d’azzardo patologico, bullismo, vandalismo, burn out… sono fenomeni gravissimi che già erano presenti, sui quali da anni bisognava intervenire con una serie di azioni programmate e tese alla creazione di reti di sostegno.

Ci sono troppe aree del nostro territorio che rimangono sfornite di servizi essenziali e se il Covid ha sdoganato la possibilità di usare la tecnologia, ancora tante persone non hanno il computer o non hanno garantito quello spazio esclusivo, in casa, per poter parlare liberamente con un professionista, e sentono di non avere una relazione autentica con qualcuno che vedono mediato da uno schermo. Eppure anche queste persone, se lo desiderano, han diritto a uno specialista della salute mentale che non riduca il proprio intervento alla prescrizione di un ansiolitico.

Le poche risorse umane nei servizi territoriali, la pressione del pubblico hanno snaturato il reale compito di tanti medici, psicologi, assistenti sociali, infermieri, terapisti nella neuroriabilitazione che da anni dedicano uno spazio limitatissimo alla relazione con l’altro, hanno lavorato in batteria come galline e sono state costrette a mettere alla porta tutti quelli considerati meno gravi e meno urgenti. Le ferite psicologiche però non sono sempre così superficiali, il fatto che non si vedano non significa che non abbiano valore.

Lo psicologo, nel suo ruolo e nelle sue competenze specifiche, diventa risorsa essenziale in grado di aiutare il paziente a trovare un percorso di salute individualizzato per intensità, complessità e durata per raggiungere quel benessere completo a cui ognuno ha diritto.