Non occorre, di questi tempi, esaltare o sottolineare il valore del corpo. Viene ricordato in ogni dove: nello sport, in cui possiamo ammirare atleti e atlete con il fisico sempre più scolpito ed estremamente performanti, che si sottopongono ad allenamenti mirati, sono guidati da uno staff di esperti e portati a modellare il loro corpo in maniera che sia perfettamente funzionale alla disciplina praticata, per ottenere vittorie e record. Esso è posto in evidenza anche sui social: attori, VIP, influencer che esibiscono ciò che fanno, ma soprattutto il loro corpo, magari abbellito con qualche filtro, per ottenere consensi. E noi, più o meno attivamente, ci adattiamo a questo modello dominante.

Non occorre nemmeno, al giorno d’oggi, esporre il valore del sangue: come simbolo della salute e degli esami di routine o specifici, come dono per cui si cercano sempre nuovi volontari, viene posta molta attenzione a ciò che esso rappresenta. Corpo e sangue significano attualmente diete, palestra, attività fisica, medicina, cure: tutti elementi messi regolarmente (e giustamente) al centro dell’attenzione.

Tuttavia, corpo e sangue, la nostra carne e ciò che vi scorre, sono anche ciò che Dio ha condiviso con noi, prima partecipando alla natura umana e poi consegnandoli nella forma del pane e del vino. Il corpo e il sangue che ci fanno diventare un solo Corpo e un solo Sangue con gli altri fedeli e Chiesa di Cristo. È ciò che esaltiamo in questa festa una volta all’anno, pubblicamente, con una processione (dove ancora si svolge); è ciò che dovremmo porre in evidenza costantemente e con ardore, forse in questo prendendo spunto, per una volta, da ciò che accade nella società laicizzata.

 

Mc 14,12-16.22-26

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo.
Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.
Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo».
Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.
In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.