(elisabetta acide) – Una festa… “insolita”, quella della comunità.
Il “titolo” aveva un duplice obiettivo: “Festa dei nostri Santi, festa dei nostri Grandi” per fare “comunità” secondo la “logica” dei santi patroni e di chi questi “santi patroni”, li ha ricordati e pregati prima di noi.
“Tradizione e Innovazione”, dunque, con quello sguardo sul cammino futuro, che necessariamente deve partire “dalle radici”.
La giornata ha preso avvio alle ore 17 nel pomeriggio del 26 luglio, giorno in cui si fa “memoria” dei Santi Gioacchino ed Anna, nonni di Gesù.
Nonni e nipoti, adulti e giovani si sono impegnati nella realizzazione di un puzzle, che costruito con oltre 500 pezzi, è diventato un quadro con l’ immagine della chiesa parrocchiale e una raffigurazione simbolica della rappresentazione della comunità nella sua “diversità” e ricchezza.
La S. Messa, animata dalla comunità, è stato il momento celebrativo che ha dato “senso” alla giornata.
Ogni tanto nelle nostre comunità “tendiamo a dimenticarlo”, ma l’ Eucaristia è il “sacramento della comunità”, dove in unione e in condivisione, Pane e Parola diventano “ciò che fa la Chiesa”.
L’Eucaristia è un sacramento a cui si accede “insieme”.
Possiamo stare insieme, fare feste, fare banchetti, ma se non celebriamo l‘Eucaristia non siamo Chiesa, siamo solo “gruppo”.
L’Eucarestia ci raccoglie in dialogo, in unità, in carità, in comunione.
L’ esordio del Parroco, ha sottolineato come dei 4 anni trascorsi, questo sia un giorno particolarmente felice, per essere “insieme” come comunità a celebrare l’ Eucarestia in occasione della festa della Patrona s. Anna.
Nel corso dell’omelia il parroco don Valerio D’Amico, ha annunciato il programma pastorale dei mesi agosto – dicembre, concordato con il Cpp che avrà come tema conduttore l’ importanza della preghiera al Padre, che nell’ “insegnaci a pregare” su sollecitazione degli apostoli insegna a chiamare Dio “Padre”.
La declinazione del piano prevede la formazione e la preghiera comunitaria sulle pratiche avviate nella comunità e risultanti significative per una graduale partecipazione comunitaria, con l’ introduzione del gruppo di lectio divina e di momenti per agire la carità cristiana in tutte le sue forme. Intorno al tema che ha la finalità generale di crescere nella fede come comunità cristiana, saranno declinate le riflessioni del “Padre nostro”.
Il Vangelo della domenica, scelto per la celebrazione eucaristica festiva anticipata in occasione della festa della comunità avvia, dunque, la prima “consegna”: Padre nostro.
Il Padre è generatore di pace, donatore di pane da condividere con i fratelli, come la provvidenza di Dio per l’ uomo.
Padre che perdona, che ama, che “insegna a pregare” anche alla comunità.
Il “programma” ha lo scopo di raccogliere l’eredità della comunità, come nel passato, per “andare oltre” e camminare.
Dunque alla comunità tre “consegne”:
Salire in alto come gli apostoli nel cenacolo, per “alzarsi” e guardare lontano, oltre gli interessi personali per ascoltare il Vangelo e condividere l’ Eucaristia.
Mettersi all’ ultimo posto per il Vangelo, nella prospettiva degli ultimi e abbandonati… per sperimentare la prospettiva dell’umiltà e guardare con “occhi nuovi”
Guardarsi in volto come Gesù, che ha rivolto lo sguardo per riconoscere le diverse prospettive e intuire sui volti paure, desideri, difficoltà, per aprire il cuore agli altri ed a Dio e per vedere negli altri il volto di Dio.
Anna è la patrona della comunità, dunque, il giorno del “suo ricordo” è proprio quel 26 luglio, scelto da Papa Francesco nel 2021 per “introdurre” la “festa dei nonni”, proprio nel ricordo dei genitori della Vergine Maria, madre di Gesù.
Sappiamo poco di Gioacchino e Anna, i cui nomi sono attribuiti dalla tradizione, in quanto non vi è alcuna traccia nei Vangeli canonici sulle loro figure.
Certo Maria aveva due genitori come è comprensibile, abitanti a Nazareth; le notizie ci arrivano dal Protovangelo apocrifo di S. Giacomo, in cui si narra la vicenda dei coniugi, il loro dramma della sterilità e la gioia della nascita di quella “bambina”, diremmo noi, “speciale”.
Fu papa Gregorio XII ad unificare, nel 1584, la loro festa liturgica: si scelse la data del 26 luglio.
Anna e Gioacchino, dunque “nonni” di Gesù, quel Figlio di Maria che è Figlio di Dio, “nipote” loro.
E comprendiamo dunque la scelta di Papa Francesco per celebrare il “dono della vecchiaia” e ricordare coloro che, prima di noi e per noi, custodiscono e tramandano la vita e la fede.
Ecco allora la “festa della comunità”, dove i “Grandi” (ricordiamo il dialetto piemontese utilizza proprio il termine per indicare gli anziani di una famiglia), sono proprio gli anziani, coloro che mantengono salde le “radici”, coloro che sono il dialogo tra generazioni.
Hanno partecipato alla santa Messa i priori della festa che sarà celebrata il 24 e 25 agosto, come da centenaria tradizione, per ricordare con la patrona, anche il co-patrono S. Rocco (la cui memoria è ricordata il 16 agosto), Raso Sabrina e Cara Ivan.
Al termine della celebrazione Eucaristica, il momento di condivisione comunitaria: dallo “spezzare” il Pane e la Parola, alla condivisione fraterna del pane, salame, formaggio e tante altre bontà, perché comunità è anche questo: portare, condividere, con generosità e gratuità, con fantasia, “aggiungendo un posto a tavola” per quegli “amici in più” che stanno insieme perché nella comunità parrocchiale “spostando un po’ la seggiola” possiamo stare “comodi tutti”.
Fare una festa di comunità intorno alla santa patrona è rinsaldare i legami di fede e quando la santa patrona è S. Anna, il significato forse, proprio in questo particolare momento storico, assume una visione nuova che ci aiuta a riflettere come comunità e come chiesa.
Basterebbe recarsi in una delle S. Messe settimanali, quando sono celebrate a Borgo Revel, per renderci conto che la “comunità che celebra” è quella degli anziani, delle “tante S. Anna” che ogni giorno, “fanno comunità”, cioè celebrano l’Eucaristia.
Dunque la comunità la “reggono” gli anziani, quelli che la cultura della fretta e della produttività ormai considera “peso” e “inutili”, quelli che a volte si “sentono” ormai già “arrivati”, dunque forse pensano di “lasciare spazio” ai giovani.
La riflessione di questa “festa” che racconta l’approccio di una comunità parrocchiale, allora potrebbe farci “aprire” nuove prospettive: forse gli anziani non hanno solo bisogno di una “festa”, di sentirsi “protagonisti” perché raccontano “storie del passato”, perché sono “bagaglio di ricordi da tramandare”, ma perché sono “inseriti nel tessuto sociale e comunitario”.
Confesso che provo un moto di irritazione, quando qualche “giovane” (a volte con non poca presunzione i giovani si considerano tali anche a 30-40 anni), li chiamano “vecchietti”, credo sia davvero poco rispettoso.
Gli anziani hanno un nome, hanno una storia, hanno idee, desideri, tempo a disposizione e tempo da mettere a disposizione… non sono solo “categoria”, sono persone.
Credo faccia parte della mia idea di “rispetto” indistinto per ogni essere umano, considerato come persona e non come categoria, ma a maggior ragione, sono ancora più “suscettibile” quando si tratta di stereotipi e pregiudizi… mai come in questi nostri tempi siamo abituati a “categorizzare” tutto per sentirci “tranquilli” e in grado di “gestire” ogni “categoria” con procedure standardizzate.
Sicuramente gli anziani sono ricchezza di una memoria, ma sarebbe davvero banale ed inutile ridurli semplicemente a questo, credo invece che vadano ascoltati, loro che hanno costruito il presente possono aiutare a preparare con sapienza il futuro.
Il “tempo” passa per tutti e tutti siamo “anziani” per coloro che sono “dopo di noi”, non si diventa “vecchi” e indubbiamente gli “stili di vita”, hanno variato la percezione della senescenza e si tende a “rimandare” il “considerarsi vecchi” sempre più avanti negli anni.
Dunque perché una “festa di comunità”?
Perché forse dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che tutti siamo importanti nella comunità, dove non ci sono privilegi e priorità; veniamo da davvero tanti anni di “gerarchizzazione” delle azioni pastorali basate forse, non su priorità, ma su “età della vita”, dunque, spesso prive di coerenza e di lungimiranza, forse non occorre frammentare per la pastorale, ma avviarci ad una “pastorale integrata ed integrale”.
Ma le mie sono solo semplici riflessioni.
Quello che possiamo fare noi è risvegliare il senso comunitario di gratitudine, di apprezzamento, di accoglienza, che facciano sentire l’anziano come il giovane, come l’adulto, come il bambino parte viva della sua comunità.
Gli anziani sono uomini e donne, figli a loro volta, a volte padri e madri, a volte nonni che prima di noi, hanno “camminato” nella comunità o non hanno percorso gli stessi passi ma si sono “avvicinati” o “allontanati” che forse possono raccontare a tanti quanto potrebbe essere importante non “perdere le occasioni”, non essere timorosi per il futuro, affrontare con coraggio la vita e le sue sfide, e soprattutto aprire il cuore alla generosa disponibilità verso gli altri.
Un “pomeriggio” insieme, fatto di autenticità e “animato” proprio da quegli ottantenni che hanno molto da “tramandare”, anche in termini di “spirito” e disponibilità: grazie dell’esempio e della presenza.
Forse, a ben pensarci, la festa della comunità, può “insegnarci” qualcosa: la vita è davvero vissuta solo se abbiamo il coraggio di amare, se abbiamo il coraggio di “spendere” ciascuno la propria vita non solo per sé, ma per il “bene”, se abbiamo la pazienza e l’umiltà di creare legami e relazioni, se sappiamo sempre comunicare in modo autentico, il messaggio del Vangelo.
Allora iniziamo a raccontare le priorità, le cose “importanti”, ma diremmo “portanti”, quelle “essenziali”, che partono dalla memoria per tessere trame di futuro nella comunità sia in modo “attivo”, sia con la presenza e vicinanza: la comunità può farsi carico di tutti con preghiera, solidarietà, conforto dei Sacramenti, visite domiciliari e unzione degli infermi, perché siamo “casa” ed in ogni casa, le generazioni intrecciano e vivono relazioni significative, non “contratti di affitto”.
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