(Cristina Terribili)

Tanti bambini ucraini sono arrivati in Italia e in diverse città sono già stati accolti nelle scuole. La grande macchina dell’accoglienza è partita per assicurare vestiti, cibo, un posto letto e una scuola, utili a garantire un contesto di “normalità”. Quando tutto prosegue con ritmi ben scanditi ci si sente al sicuro, protetti da quella routine che altrove era stata sconvolta. Dobbiamo tenere presenti alcuni elementi per far sì che questa accoglienza, così come l’accoglienza di ogni migrante, non generi differenze, diseguaglianze o disparità e divenga una vera opportunità per tutti.

Tenere a mente alcuni elementi che caratterizzano l’arrivo di questi piccoli ci può facilitare il lavoro: innanzitutto hanno compiuto un faticoso viaggio, sono stati spesso accompagnati alla frontiera (o anche in Italia) da genitori o familiari che poi sono ritornati in Ucraina. Se non hanno avuto già lutti in famiglia vivranno con la paura per le sorti dei loro cari, della propria casa, dei loro amici.

Essere arrivati in Italia è comunque una festa a metà. Fino a qualche mese fa non avrebbero mai immaginato di fare questo viaggio forzato, di doversi abituare in una realtà completamente nuova. Queste emozioni potrebbero far vivere ai bambini dei momenti di forte ambivalenza, potrebbero sembrare assenti, immersi nei propri pensieri, avere comportamenti oppositivi, reagire con rabbia anche ad un gesto gentile.

Dobbiamo tenere presente che l’organizzazione della scuola ucraina è molto probabilmente differente in termini di programmi scolastici, e per questa ragione potrebbero esserci, a parità di classe, bambini più indietro o più avanti nel programma. Questo non deve essere motivo di scoraggiamento, ma va inteso come un’opportunità per fare un ripasso oppure per permettere al bambino che si accoglie di essere in grado di apportare agli altri le proprie conoscenze.

L’accoglienza di questi giorni, a differenza di altre situazioni, la dobbiamo pensare come provvisoria. Questi bambini e ragazzi non vedono l’ora di poter tornare alla propria casa, a quella che considerano la propria vita. Questo fa sì che si crei una difficoltà a stringere nuove amicizie, nuovi legami. Potrebbero temere che lo stringere nuove amicizie e l’affezionarsi troppo alle persone che condividono il loro presente si configuri come un tradimento dei propri amici, allontanando l’ipotesi di tornare presto a casa.

Bisogna preparare anche gli alunni italiani a questa temporaneità di cui però non si conosce la data. La fine (o l’interruzione) di una storia insegna sempre qualcosa di importante, al personaggio principale ma anche agli altri personaggi e al lettore. Usare metodologie narrative sarà utile non solo per fare in modo che si parta dal passato per vivere pienamente il presente, ma sarà utile a tutti i componenti della classe, ognuno eroe principale nella propria storia e compagno di avventure nella storia dell’altro. Sarebbe importante che in ogni scuola ci fosse un mediatore culturale, avere dei giochi da tavola collaborativi da poter usare in classe o in altri contesti ricreativi per dare un senso, attraverso un altro canale, all’importanza di esserci per tutti.

L’accoglienza a scuola necessita di tanta pazienza per essere attenti ai tanti momenti di angoscia che potrebbero attraversare gli occhi, la mente ed il cuore di questi ragazzi: bisognerebbe avere sempre la lucidità di riconoscere l’emozione senza sminuirla, confermarla, accoglierla e trasformarla in qualcosa di altro, col tempo e con l’amore.