Ho visitato la spettacolare mostra di Caravaggio esposta a Palazzo reale a Milano. Il pittore, come di soppiatto, in alcune opere si ritrae tra i partecipanti alla scena sacra che egli ricrea per chi gli aveva commissionato l’opera. Raffigurava per altri, anche per me dopo 4 secoli, ma anche per sé: mettendosi tra gli astanti il genio vuole segnalare che l’avvenimento che dipinge gli interessa, lo vuole capire per sé, mentre lo immagina e lo dipinge.
Gesù, Giovanni Battista, Sant’Orsola, San Francesco e tutti gli altri soggetti, anche quelli più profani, gli interessano. Da essi è dominato, affascinato, trascinato, più che dal suo male e dalla sua umana violenza che lo portò ad uccidere, più volte.
Anche noi possiamo, ogni giorno, nel quadro della nostra vita, fissare gli occhi su Gesù e sulla santità, non per dimenticare il male, ma per chiedere aiuto nel portarlo ed essere perdonati.
Palazzo Reale è assediato da centinaia di persone attratte dalla rivoluzione pittorica di Michelangelo Merisi. C’è voglia di incontrarlo, di conoscerlo, di farsi trascinare dal suo genio febbrile, santo e folle.
Anch’io sono in coda: nel gruppo cui mi sono inserito, qualcuno mi chiama per cognome per passarmi il biglietto di ingresso. Una donna elegante e minuta, dal sorriso aperto, dagli occhi scuri e intensi, allora mi apostrofa. “Ci conosciamo, eravano compaesani, eri a scuola con mia sorella e i nostri genitori si frequentavano spessissimo.” In un attimo, quanti ricordi! “Mia sorella è mancata due anni fa!”. Che tuffo al cuore pensare che la ragazza più bella del paese, nota per le sue mosse eleganti, gli occhi neri del sud, la voce profonda e i capelli corvini, non ci fosse più! “Tua mamma è stata la mia maestra! Mi aveva detto che disegnavo proprio bene e che avrei dovuto fare l’artistico! Così ho fatto e ora insegno arte! Mi aveva proprio capita!” Chissà perché, ma il ricordo di mia mamma mi ha fatto pensare al suo fiore preferito, il calicanto che, alla mattina in queste giornate gelide, mi accoglie con il suo profumo, uscendo di casa.
“Sì, rode le sue opere/si nutre/delle sue macerie, sbriciola/ogni moto del cuore che fa nascere/ il tempo,/ dove sono quelle pene/ e quelle gioie/oltre che nella loro perdita?/Nel nulla no, nel più profondo essere.” (Mario Luzi)

Filippo Ciantia