A distanza di un giorno uno dall’altro, sono stati celebrati i funerali di due personaggi del piccolo mondo chivassese che hanno dato tanto alla comunità: Piercarlo Rosa e Francesco Mauro.

Il primo idraulico e lattoniere, il secondo chirurgo del locale nosocomio: due persone che hanno lasciato una notevole eredità d’affetti, e che ho conosciuto personalmente e che ho stimato. Piercarlo Rosa, nato a Torino nel 1937 da padre verolenghese e madre chivassese, tornò a Chivasso nel 1943 dopo la morte del papà, avvenuta durante un bombardamento; apprese l’arte dell’idraulica grazie allo zio Egidio Corti e fu lattoniere apprezzato e ricercato – come lo sono ancora ora quelli che esercitano questa professione –. È stato persona eclettica e poliedrica, con un notevole talento artistico che ha saputo fare fruttare.

Le prime luci che hanno illuminato Chivasso durante le feste natalizie le aveva ideate e costruite lui e, fino a pochi anni fa, ce n’era ancora una che veniva esposta in via San Marco.

Fra le varie idee che hanno preso forma e vita grazie a lui, segnaliamo la Corale Città di Chivasso, con circa cinquanta voci, ma anche il “Trofeo del Tortellino” ideato in collaborazione con Vittorio Giubergia, il Pastaio, che si svolgeva durante il Carnevale e obbligava i concorrenti a divorare nel minor tempo una dozzina di tortellini al sugo con le mani legate dietro la schiena.

È stato uno dei padri fondatori della Pro Chivasso l’Agricola, con altri chivassesi (fra cui mio zio Giovanni Pasteris), e della Confraternita del Sambajon, è stato socio del Sarto-Portique di Chivasso, presidente della Biblioteca della Cri chivassese, coautore con Laura e Marco Borrione di un libro di cartoline di Chivasso e, negli ultimi anni, mosaicista: ha realizzato diverse opere, fra cui alcune di soggetto religioso, che ha donato a molte associazioni. Gege Volta, altro personaggio di primissimo piano della cittadina, lo ha salutato con un commosso ricordo: “Se n’è andato un amico carissimo con cui ho condiviso diverse esperienze. Il Padre Eterno aveva bisogno di un idraulico e lo ha chiamato a dirigere i lavori! Non lo potrò mai dimenticare!”. Francesco Mauro, classe 1940, origini calabresi, ha invece prestato la sua opera nel reparto di Chirurgia generale dell’ospedale civico per tanti anni.

Credo sia impossibile dimenticare quel signore grande e grosso che si aggirava nel reparto con il camice su camicia e cravatta.

Era sempre impeccabile.

La prima volta che ebbi a che fare con lui fu in occasione di un incidente sul lavoro in cui era stato coinvolto mio padre.

Ricordo che era di lunedì e in quel giorno si macellavano i maiali che poi sarebbero diventati prosciutti e salami; c’era una linea in ferro sospesa che dal mattatoio portava le carcasse in laboratorio, con delle carrucole appese.

Quel giorno una di queste si staccò e ferì mio padre, per fortuna di striscio, sulla fronte.

Lo presi e lo portai in Pronto soccorso che, all’epoca, era nel corridoio a sinistra dell’ingresso principale dell’ospedale.

Il dottor Mauro era di turno, fece entrare il ferito e me con lui. Mentre metteva punti di sutura, chiacchierava con la sottoscritta chiedendo informazioni sul mio lavoro (ero maestra) e, alla fine del “ricamo” disse a mio padre: “Ora vada con sua figlia a prendere un caffè e fumi una sigaretta”.

È stato solo il primo di una serie di incontri, in ospedale e fuori, che permisero di conoscerci e stimarci a vicenda.

Era persona gioviale e molto affabile, amava chiacchierare con chi sapeva che lo comprendeva.

Dopo la pensione dall’attività ospedaliera è stato per cinque anni direttore sanitario della casa di riposo “Clara” di via Italia, oltre a dedicarsi al suo hobby, il ciclismo.

Oltre alla sua professionalità mi piace ricordare di lui la grande umanità e disponibilità nel lavoro, la voce pacata, la grande preparazione professionale che ha sempre messo a disposizione di tutti quelli che sono stati suoi pazienti.

Franca Sarasso

Redazione Web