Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

(Elisa Moro)

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

“Signore, dacci sempre questo pane” (Gv. 6, 34): sembrano le celebri parole del Padre Nostro: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt. 6, 11), ma che, all’interno di questa pagina dell’Evangelista Giovanni (Gv. 24-35), diventano un’autentica professione di fede, possibile solo dopo un percorso di maturazione alla scuola del Maestro.

“Mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani” (v. 26): Cristo sembra rimproverare l’entusiasmo inaspettato dei seguaci di Cafarnao, che nasce esclusivamente dal miracolo della Moltiplicazione dei Pani. “Che cosa cercate?” (Gv. 1, 37); il Signore lo domanda a ciascuno, “aiutando ad andare oltre la soddisfazione immediata delle proprie necessità, pur importanti” (Benedetto XVI, 5/08/2012), per aprire il cuore ad un cibo che non perisce.

Si colgono davvero i segni? Chi si cerca veramente, cercando Lui? Nell’agire di Dio si comprendono i significati che Egli vuole trasmettere nella vita di ognuno? Spesso, nella società moderna, si ha “la tentazione di pensare che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai destini dell’uomo” (Paolo VI, 1976), e la prova di questo sarebbero le disgrazie, le tante situazioni avverse che, nel corso della storia, segnano le vicende umane.

Il Signore è l’unico vero “pane della vita” (v. 35), quello che soddisfa il desiderio di pienezza, che il miracolo può solo in parte rappresentare: come il pane ordinario è proporzionato alla fame terrena, così Cristo è il pane straordinario, “proporzionato alla fame straordinaria, smisurata dell’uomo, capace, smanioso anzi, di aprirsi ad aspirazioni infinite” (Cfr. Sant’Agostino, Confessioni, 1, 1).

“Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” (v. 28): saggiamente gli interlocutori di Cristo procedono nel dialogo, avanzano nella conoscenza più profonda del Mistero che si dischiude dinanzi a loro. E la risposta non si fa attendere: “Questa è l’opera di Dio – l’opera intesa da Dio –: credere in colui che egli ha mandato” (v. 29). È un profondo incoraggiamento ad aver fede nel Figlio dell’Uomo, nella Sua costante presenza eucaristica: “senza la fede in colui che il Padre ha mandato, non è possibile riconoscere questo Dono che non passa” (Giovanni Paolo II, 1997) e che sazia in eterno.

È questa la missione: invitare ogni affamato a “cercare con il desiderio di trovare, e trovare con il desiderio di cercare ancora” (Sant’Agostino, De Trinitate, 9 1, 1).

(Gv 6,24-35) In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là
dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».