Questa volta vorrei fare qualcosa di diverso, e non commentare come al solito. Trattandosi di uno di quei passi di Vangelo di cui abbiamo bisogno, che ci ristorano, vorrei innanzitutto stimolare me stesso e voi a pensare alla bellezza e alla tenerezza di questo sentimento di Dio.

Dio che desidera che non solo la maggior parte di noi sia salva, ma che tutti siamo salvi.

Pensiamo alla tenerezza di quando, con la sua Grazia, riusciamo anche noi a nutrire questi sentimenti nel nostro cuore: quando cioè non ci accontentiamo di stare bene noi, ma siamo resi inquieti dal pensiero del prossimo, del sofferente: quando non ci basta che coloro che amiamo e i nostri familiari abbiano il cibo davanti, ma ci addoloriamo e ci preoccupiamo per il senzatetto, sconosciuto, che sta fuori in strada. Quando anche noi non ci accontentiamo di aver salva la maggioranza ma vogliamo salvi tutti. Come diceva John Kennedy, nessuno di noi è libero se anche uno solo di noi sulla terra è in schiavitù.

Questa urgenza di portare la salvezza e la pace a tutti deve essere anche nostra, deve essere la nostra febbre, la nostra inquietudine che ci impedisce di dormire (metaforicamente) o più letteralmente di far dormire lo spirito.

La capacità umana – che però può essere perfetta solo con l’aiuto di Dio – di non escludere nessuno (letteralmente), dev’essere ciò che più di tutto dobbiamo coltivare in noi, almeno nella dimensione in cui ciò è intrinsecamente e drammaticamente legato alla carità.

Consci che non abbiamo alcun diritto di chiedere la nostra salvezza se non abbiamo prima chiesto, e con lo stesso fervore, la salvezza di tutti, dobbiamo fare nostra questa gravità: non possiamo escludere senza essere esclusi!

Naturalmente qui la difficoltà sta, come sempre, nella pratica. Come far si che questa non sia solo retorica? Ma non vi ingannate: la pratica e la carne sono dove lo spirito s’estrinseca, diventa manifesto, prende l’azione e agisce. Come direbbe John Keats, la vita è una palestra per l’anima. In altre parole, non avete davvero questi sentimenti nell’anima e nello spirito se non li estrinsecate, almeno un po’, nelle piccole cose, lottando per dare nelle più grandi.

Cominciare dal riaprire la porta ad un familiare antipatico può essere un inizio; rivalutare qualcuno che avevate giudicato male e condannato, potrebbe essere un altro.
Ma nell’indifferenza di oggi, il fatto che sentiate tutto ciò e vi possa attraversare da quell’inquietudine è già una grande cosa, che squarcia quel muro di indifferenza.

un giovane della diocesi

 

Lc 15, 1-1 (Forma breve)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».