(Elisa Moro)

“Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli eserciti regna sul monte Sion” (Is 24,23): l’Evangelista Marco propone, in questa complessa pericope (Mc. 13,
24-32), uno sguardo definitivo, escatologico, cioè dei tempi ultimi, di tutta la creazione.

Il “Figlio dell’uomo”, Cristo stesso, si esprime, riprendendo molti passi profetici, attraverso immagini cosmiche apocalittiche, dove “il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue” (Gl 3,4), ma cambiando tuttavia il centro: è Lui stesso, il mistero della Sua persona e della Sua morte e risurrezione, a rivelare il senso di questi eventi e a permettere una riflessione profonda e autentica alla luce della fede.

“In quei giorni, dopo la tribolazione, il sole si oscurerà..le stelle cadranno dal cielo” (v. 24.25): segni cosmici accompagnano l’annuncio del ritorno definitivo del Signore, del “dies illa”, – quel giorno – quello della “realizzazione definitiva dell’unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione” (CCC n 1045). Le stelle perderanno la loro luce, il sole non illuminerà più: tutta la creazione verrà resa partecipe di questo evento, così come ora “attende con impazienza … e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione” (Rm. 8, 19).

Beda il Venerabile, commentando questo brano, intende cogliere un significato più spirituale: la luce non verrà a mancare, ma “sopraggiungerà lo splendore della vera Luce perenne” (Comm. Marco, 14), quella di cui gli astri sono solo un pallido riflesso. Un cielo ‘che finisce’ deve portare ad un passo ulteriore nella vita di fede: le cose del mondo devono lasciare spazio a ciò che davvero conta; il sole lascia spazio alla luce di Dio, che accoglie e raduna l’intero universo, poiché “solo Dio basta… Chi ha Dio ha tutto” (Santa Teresa d’Avila).

“Le mie parole non passeranno” (v. 31): la Parola di Dio è all’origine della creazione: tutte le creature, “a partire dagli elementi cosmici, obbediscono ed esistono in quanto chiamati da essa” (Benedetto XVI, 18/11/2012). La potenza della Parola si è manifestata massimamente in Gesù Cristo, nelle Sue parole concrete di uomo e, tuttavia eterne, di Figlio del Padre, trasmesse dalla Chiesa ad ogni uomo.

Ecco la sfida lanciata continuamente alla Chiesa: essa “si converte a Cristo quando legge i segni dei tempi”, ponendosi in ascolto della Parola, “ma non quando diventa simile a “questo mondo” che passa” (Giovanni Paolo II, 23/3/1980).

(Mc 13,24-32) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».