V DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA (anno c)

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri

(Elisa Moro)

“Guardate come si amano!” (Tertulliano, Apolog. 39): l’amore distingueva i cristiani dei primi secoli dai pagani, li caratterizzava, diventando la testimonianza più alta e autentica della loro stessa esistenza in Cristo. Proprio la carità, come ricorda la breve pericope giovannea (Gv. 13, 31-35), tratta dal discorso che Gesù ha rivolto agli Apostoli durante l’Ultima Cena, diventa il cuore del comando nuovo del Risorto, che “ha voluto che ci trovassimo legati di reciproco amore, perché fossimo il Corpo del supremo Capo e membra strette da un così dolce vincolo” (Sant’Agostino, Trattato 65).

“Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui” (v.31): in questo linguaggio, tipicamente giovanneo, Cristo dichiara la piena disponibilità ad entrare nel disegno d’amore verso l’umanità di Dio Padre, “che si compie nell’essere consegnato, nella morte e risurrezione” (Benedetto XVI, 25/01/2012). È dunque “l’ora dell’amore, che vuole andare sino alla fine, fino al dono supremo” (San Giovanni Paolo II, 14/01/1998); è un “eccomi” che si compie nel presente, nell’Ora, che è adesso giunta, in contrapposizione a Cana (Gv. 2, 4). Le tenebre del tradimento di Giuda sono calate, ma l’amore concreto di Cristo squarcia il buio, dà il vero senso agli eventi, è luce e vita piena; la sua gloria proviene dalla carità, che si manifesta nella croce, anticipo della vittoria della risurrezione.

“Vi do un comandamento nuovo…. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (v. 34-35). Il comando di Cristo, l’entolè kainé, contiene una novità di significato, che è lo stesso amore vissuto, sull’esempio di Cristo, come ricorda San Cirillo d’Alessandria: “riconosci la novità del suo amore verso di noi? Il Signore nostro Gesù Cristo ci ha amati più di se stesso” (Commento Giovanni, 9).

Rileggendo queste parole alla luce della Pasqua, si può cogliere il senso autentico dell’invio alla missione, del testimoniare con la vita l’incontro, nell’oggi, con il Vivente. Come disse don Giussani, durante il Sinodo del 1987, “ciò che manca” – e oggi il problema è invariato – “non è tanto la ripetizione verbale o culturale dell’annuncio nella società. L’uomo di oggi attende l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata”, divenendo amore visibile e illuminante per l’intera umanità.

(Gv 13,31-35) Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi.
Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».