“Qualunque cosa vi dica, fatela”

II domenica del tempo ordinario

(Maria Beatrice Vallero)

Oltre a Gesù e a Maria, ci sono dei personaggi che mi hanno sempre colpito moltissimo in questo passo del Vangelo: i servi. Apparentemente secondari, quasi scenografici, essi dicono alle nostre vite molto di più di quello che sembra. I servi rispondono pienamente ai tre imperativi della Madre e del Figlio: fate, riempite, portate.

Fate: cioè, innanzitutto, ascoltate. Per “fare” bisogna ascoltare. E “ascoltare” non vuol dire semplicemente “capire” cosa ci dice Gesù. L’ascolto è un entrare totalmente in ciò che pensa e prova l’altra persona. Ti ascolto, quindi provo quello che provi tu, sento quello che senti tu e comprendo quello che vuoi tu. Da qui, eventualmente, l’adesione: anche io voglio quello che vuoi tu. I servi ascoltano e aderiscono. Vogliamo fare quello che ci dici. E allora riempite le anfore.

Il secondo imperativo è un’azione: riempite. Se avete qualcosa di buono con voi, datelo. Non importa se avete solo dell’acqua e magari neanche adatta per essere bevuta. Anche se avessi solo dell’acqua utile per lavarsi le mani, tu offrila. Ma consegnala tutta. Prendi le anfore grosse e umili del tuo lavoro e riempile con quello che hai. Se hai dei talenti, mettili. Se non li hai, metti quello che hai. A Gesù non interessa quanto tu sia “bravo”. Il successo non dipende da noi, non si misura con le nostre forze.

Ci è richiesta solo una cosa: “Da’ tutto quello che hai”. Ma senza curarti troppo di quello che hai. Non è un invito al disimpegno, anzi. Nel dare tutto si richiede la costante vigilanza del buon lavoratore. Ma non preoccuparti del successo di ciò che sarà, perché il successo non dipende da te, ma da Gesù. Dio, che ha il potere di far partorire le sterili e ha permesso a una Vergine di concepire il Figlio, Colui che può trarre profeti dalle pietre saprà tirare il vino buono anche dalla tua povera acqua, perché nulla è impossibile a Dio. A te è chiesto solo di dargliela.

Infine, porta la tua acqua al maestro di tavola. Consegnala ai fratelli. Da’ la tua povertà e non pensare: “Tanto è inutile” perché, è vero, noi non abbiamo il vino buono. Non saremo noi a cambiare il mondo. Ma Dio cambierà il mondo con l’acqua che gli avremo offerto. Non preoccuparti se, ovunque andrai, “vedrai acqua da tutte le parti”. Sarà Dio che ne farà vino buono per i fratelli anche se, forse, a te non sarà mai dato di vederlo.

(Gv 2, 1-12) In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono.
Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.