(Elisa Moro)

Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti

“Se vuoi regnare con Gesù, porta con Lui la croce. Solo i servi della croce trovano la via della beatitudine e della vera luce” (Imitazione di Cristo, cap. 56): Cristo si presenta nuovamente, in questo brano evangelico della XXIX domenica per annum (Mc. 10, 35-45) come il Servo, effige e modello di quell’uomo sofferente, descritto nitidamente dal profeta Isaia (Is. 53, 4. 5): “eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”, “per le sue piaghe noi siamo stati guariti”.

“Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo?” (v. 38). Alla domanda di Giacomo e Giovanni, che genera sdegno e attriti all’interno del gruppo degli Apostoli, il Signore trasferisce il dialogo da una visione puramente umana e mondana, dominata dalla logica del potere e del “primeggiare, escludendo gli altri, rendendoli estranei” (Gregorio Nazianzo, Or. 28, 11), ad una spirituale: “che cosa cercate?” (Gv. 1, 38), che cosa davvero si domanda al Signore?

Ai due figli di Zebedeo, che incarnano perfettamente la logica del “chiedete e non ottenete, perché chiedete male” (Gc. 4, 3), viene proposta l’immagine provocante del calice, quello che Cristo accetta per attuare la volontà del Padre. A ciascuno domanda di guardare alla meta, senza però dimenticare la via da percorrere: “è questa la «sequela» cui Gesù ci chiama: lasciarsi attrarre dentro la sua nuova umanità e dunque nella comunione con Dio” (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pag. 383), anche attraverso la via della Croce.

“Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (v. 45): Dio non spadroneggia, ma ama senza misura, Egli accoglie su di sé il destino di dolore e di peccato dell’umanità; “capire questo significa entrare nel mistero della salvezza: Gesù è venuto per salvare e non per condannare; con la Croce egli rivela il volto di amore di Dio” (Benedetto XVI, 4/11/2010).

Il Servo obbediente offre per “molti” (polloì), non per “tutti” (pantès), la sua stessa vita. Non è un’esclusione quella attuata da Cristo, che è morto per tutti; per ciascuno tuttavia, si apre il bivio di abbracciare o di rifiutare la salvezza offerta. Concludendo con le parole di Sant’Agostino, si deve quindi essere consapevoli che Cristo ha già operato la salvezza per ognuno, offerta nel Battesimo: “vi rendete conto, o fratelli, capite il dono di Dio? Siate pieni di ammirazione, godete: noi siamo divenuti Cristo” (In Ioannes 21, 8).

(Mc 10, 42-45 Forma breve) In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».