XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo

(Elisa Moro)

Per la terza volta il Signore porta la sua attenzione ad un’altra parabola che evoca una vigna, coltivazione che esige un rapporto pieno di attenzione da parte del vignaiolo: è come una storia tormentata, esemplificativa del rapporto tra il Signore e la sua proprietà, secondo quanto Isaia aveva cantato “il canto di amore per la sua vigna“ (Is 5, 1-7).

Certamente, al tempo di Gesù, quest’immagine era nota, ma è necessario rileggerla quale “allegoria della storia di Israele: le infedeltà del popolo, i richiami che Dio gli rivolge mandandogli i successivi profeti; l’invio infine del Figlio e la sua uccisione” (Trisoglio, 2006, p. 226).

“C’era un padrone che piantò una vigna… e se ne andò” (v. 33): Dio non ha bisogno del servizio degli uomini, ma si serve di loro per donare la salvezza eterna, vuole “avere qualcuno in cui posare i suoi benefici” (Ireneo di Lione, Adv. Haer. IV, 14, 1); per questo pianta una rigogliosa vite, segno di vitalità, lasciando la libertà nel mantenerla e farla fruttificare.

Non è un disinteresse, ma un amore immenso, che spinge il padrone a mandare “da ultimo il proprio figlio” (v. 37): infatti dopo l’uccisione dei servi, invia l’unico Figlio, vittima, anch’egli, dei vignaioli assassini, interessati solo a a voler rubare a Dio il suo possesso.

Come non rileggere in questa immagine del figlio mandato il Verbo fattosi carne, che ha voluto assumere la condizione umana, fino a soffrire la morte per redimere l’umanità: “Dio lo inviò con mitezza e con bontà; lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini. Lo inviò per chiamare, non per castigare, lo inviò per amare, non per giudicare” (Epist. ad Diogn. 7).

Ecco l’annuncio della Passione, che suona come un monito e come pienezza; Egli è la vite, usando l’immagine del Vangelo di Giovanni, e come possono attestare coloro che si dedicano a questa coltivazione: “il grappolo non mostra sempre la stessa forma, cambia con il tempo: fiorisce, cresce, si trasforma in vino; questo grappolo si copre di fiori prima della Passione, e sparge il suo vino nella Passione” (Omelia sul Cantico, 3, Gregorio di Nissa).

Il Signore chiede anche oggi, alla Chiesa, di dare frutto in Colui che ha donato tutto se stesso, sull’esempio di San Francesco di Assisi, definito già dai suoi contemporanei “alter Christus”, imitatore perfetto del Maestro, fino a portarne “l’ultimo sigillo” (Canto XI Paradiso) nella sua carne; solo in Cristo, innestati nella Sua vita, è possibile “trasformare la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste” (Novo Millennio ineunte, 2000).

(Mt 21,33-43) In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».».