(Elisa Moro)
“Quella vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri” (Mc. 12, 43). Protagonista della narrazione marciana della XXXII domenica per annum (Mc. 12, 38-44) è una vedova povera, o, più precisamente, il gesto che compie, donando gli ultimi spiccioli che le rimangono. Un gesto eloquente, divenuto proverbialmente sinonimo di generosità, ambientato nel cuore di tutta la vita di Israele: il Tempio di Gerusalemme, “il monte Sion, che Egli ama” (Sal. 78, 68), prefigurazione di quello definitivo, legato al compimento del mistero della morte e risurrezione di Cristo.
“Diceva loro mentre insegnava: guardatevi dagli scribi” (v. 38): Gli scribi sono il “popolo che mi onora con le labbra, ma il cuore è lontano da me” (Is. 29, 13), “sepolcri imbiancati” (Mt. 23, 27), belli solo in superficie. La severità di Cristo, vero Maestro, vuole condurre all’unica via necessaria per raggiungere la meta, l’ascolto della Parola di Dio. Quando l’uomo di ogni epoca inizia a riporre la sua sicurezza e la sua gioia nell’apparire, e non nell’essere, nella superficialità che porta a sostituire se stesso a Dio, mettendosi al primo posto, “il senso autentico della religione si smarrisce.
È questo”, denunciava già Papa Benedetto XVI, “un grave rischio di ogni religione, che Gesù ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può verificare anche nella cristianità attuale” (2/09/2012).
“Venuta una vedova povera, vi gettò due monetine” (v. 42). E’ importante sottolineare un aspetto ulteriore: la vedova ha compiuto un movimento verso il tesoro. Dei ricchi, narrati nei versetti precedenti, non viene descritto il cammino, quasi a sottolinearne il gesto ripetitivo e abituale.
La vedova, immagine della Chiesa, è come i “Magi, che uscirono dalla Persia, per cercare il vero Tesoro sorto per il mondo” (Crisostomo, Om. 4), donando tutto per il Tutto, mostrando il giusto atteggiamento del discepolo di Cristo, che riconosce la sua fragilità ma offre con larghezza la sua stessa esistenza: “niente è piccolo di ciò che si offre a Dio, anche se fosse il minimo” (Gregorio Nazianzo, Or. 19).
Donare con larghezza e fiducia, sapendo che Dio chiede a ciascuno la libera adesione di fede, che si esprime nell’amore per Lui e per il prossimo, visto che, “nessuno dà ciò che ha di più caro a chi non l’ama. Dio quindi non cerca che l’amore, senza il quale non è tenuto a dare nulla. Dagli dunque l’amore e otterrai il regno: ama ed avrai” (Anselmo d’Aosta, Lettere, 112).