Il giornale è in edicola oggi, 8 marzo, festa della donna. Il nostro www.risvegliopopolare.it è ormai in linea tutti i giorni. Non ci corre l’obbligo di festeggiare per forza, ma sarebbe non riconoscere un nostro dovere se non sottolineassimo questa ricorrenza.
Forse l’abitudine e le tante “giornate” nazionali ed internazionali spalmate sul calendario affievoliscono l’attenzione, e la ripetitività crea una pericolosa assuefazione. Vorremmo però uscire da quei canoni consueti in cui la festa viene sovente relegata e la donna celebrata o ricordata. Nelle pagine interne affidiamo l’8 marzo a tre penne diverse e che con occhio e sensibilità differenti ci fanno entrare nell’universo femminile, così variegato, per apprezzarne le sfaccettature, per evidenziarne i ruoli e per tracciarne anche i drammi quotidiani. Una psicologa, due suore, uno storico per farci capire che l’8 marzo è poco, è parziale, rispetto agli altri 364 giorni, e che rischia – contrariamente ai suoi obiettivi – di far dimenticare che la donna ha un ruolo importante in seno alla comunità civile ogni giorno.
In Africa si dice che la donna è la colonna vertebrale del continente. Lo è. Che poi questo le porti dei vantaggi o delle facilitazioni per svolgere il suo ruolo nella comunità è purtroppo tutt’altra cosa. Insomma, che sia la colonna vertebrale resta una gran bella definizione. Qualcosa si muove pure, ma con estrema lentezza. Quanti 8 marzo ci vorranno per scuotere le cose?

L’8 marzo dovrebbe essere il punto di partenza di un percorso che dura tutto l’anno, e che trova nell’8 marzo successivo il punto di arrivo e di ripartenza. Unico modo per avere qualche risultato vero, al di là di una festa statica e pur simpatica perché colorata del giallo delle mimose. Non basta. Tutto il contesto è ancora troppo immobile e non si apre ad una nuova coscienza dove il sentire profondo della donna – soprattutto quella vessata, abusata, mercanteggiata, violata e violentata – non venga più seppellito nel silenzio assordante di una società distratta.

La festa internazionale della donna nel 2017 fu all’insegna dello sciopero dei trasporti urbani ed extraurbani, scuola, sanità, uffici e fabbriche, al grido “Non una di meno!”. E ci furono anche “scioperi casalinghi”, con astensione dal lavoro domestico. Oggi, 8 marzo 2018, è ancora sciopero. Sono a rischio scuole, servizi e trasporti: possibili problemi per la mobilità, con treni, metro e autobus che garantiscono fasce orarie ma che comunque creeranno disagi per i cittadini. Uno sciopero dove manifestare i “diritti e le problematiche legate alla violenza sulle donne”.
Non mancheranno manifestazioni, conferenze e tavole rotonde. Servirà a qualcosa? Servirà a donne e uomini per andare al cuore dei problemi e tracciare delle soluzioni durevoli e sostenibili?
“Rivendicazione”, “ideologia”, “liberazione” è una terminologia ancora attuale? Inneggiamo alla natura femminile quando questa vive la differenza in armonia e in sinergia contro le omologazioni snaturanti e le parità che tradiscono il senso profondo dell’Uomo (con la U maiuscola e ciò che ne consegue). Non credo valga la frase fatta “siamo pari”. Non è forse da ricercarsi la complementarietà (che ha insita in se stessa la parità) basata sulla differenza delle due persone piuttosto che la parità (che non ha insita in se stessa la complementarità)?
Uomo e donna che scrutando il mondo e vivendoci dentro suscitano e provocano reazioni e risposte diverse, seppure analoghe. È questione di comunione non di funzionalità o di opportunità – si direbbe in ambito ecclesiale- quando anche la Chiesa è chiamata dalla società a ripensare se stessa, e come potrebbe farlo senza le donne? Perché la vita della Chiesa non sarebbe tale senza la presenza viva e attiva delle donne.

Non mancano in queste ore le statistiche che – sia negative che positive – confrontano lo status tra donna e uomo. Le riprendiamo perché hanno certamente un interesse e svelano delle situazioni senza il potere da sole di trasformarci.
Eurispes ci dice che la tecnologia è donna e che non esiste alcun gap tra maschi e femmine in tema di tecnologia legata alle abitudini quotidiane. L’88,7% delle donne italiane possiede un cellulare, quasi la totalità tra chi ha 18 e 44 anni. Il 78,5% crede che i social aiutino a restare in contatto con gli amici, il 71,8% che informino sull’attualità; il 63,4% che permettano nuove conoscenze e il 62,5% come uno strumento utile di lavoro. Da non dimenticare che il 64,8% delle donne ritiene che i social favoriscano comportamenti aggressivi e offensivi e il 63,9% che siano pericolosi perché mettono a rischio la privacy.
Dal comportamento delle donne e delle loro abitudini di spesa si arriva a tracciare i consumi. “Dopo un lungo periodo di crisi – scrive Eurispes – i comportamenti delle donne indicano un’inversione di tendenza con un incremento della spesa rispetto agli ultimi anni sia per i beni di prima necessità e per le spese mediche sia per soddisfare bisogni più voluttuari”. Il 45% delle donne ha dichiarato di aver speso di più per comprare cibo e oltre il 38% per le cure e per la salute.

Come rilevato dalla ricerca McKinsey, a livello mondiale, le donne generano il 37% del PIL, nonostante rappresentino il 50% della popolazione in età lavorativa e sono evidenziate grandi disparità tra le aree geografiche. Infatti, la quota di produzione regionale del PIL originata da loro è del 17% in India, del 18% nel Medio Oriente e in Nord Africa, del 24% nell’Asia meridionale e del 38% nell’Europa occidentale, mentre in Nord America e Oceania, Cina, Europa orientale e Asia centrale, la quota è del 40-41%.
E dire che il giusto bilanciamento tra i sessi nelle aziende apporta numerosi e concreti vantaggi, influenza positivamente l’andamento delle imprese, creando benessere e potenziando il business. Infatti, per avere prestazioni ottimali. Secondo uno studio del gruppo Sodexo, la proporzione perfetta uomini-donne nei team si aggira tra il 40% e il 60% e nel 2016 il tasso di partecipazione dei dipendenti (“employee engagement”), ha registrato un +12% nelle società dove c’è “gender balance” rispetto a quelle dove non sono bilanciati. Inoltre si registra +8% rispetto alla media del “tasso di conservazione dei dipendenti” nelle aziende in cui vige la parità dei sessi; mentre il tasso di trattenimento dei clienti (inteso come l’aver conservato più del 90% dei propri clienti) è maggiore del 9% nelle aziende bilanciate rispetto a quelle sbilanciate. Anche la sicurezza sul posto di lavoro ha ottenuto +12%, ovvero si sono verificati un numero inferiore di incidenti nelle realtà bilanciate e la produttività è aumentata dell’8% dove vi è lo stesso numero di uomini e donne.

Arriviamo alla violenza sulle donne. C’è la percezione che il fenomeno sia aumentato negli ultimi due anni. Lo pensano oltre otto donne su dieci; quelle tra i 45 e 64 anni e con un livello di istruzione medio basso sono le più pessimiste. Anche se Eurispes rivela che la situazione reale sarebbe meno drammatica di quella percepita e il fenomeno più contenuto. Quanto allo stalker, la sua identikit è nel 34,3% dei casi l’ex partner, nel 17% un conoscente e nel 14,3% delle volte è un collega. Solo il 4,3% delle donne indica come stalker il proprio attuale marito, compagno o fidanzato. Si tratta di messaggi, telefonate ripetute, appostamenti, pedinamenti e minacce, danni a cose di proprietà, aggressioni fisiche per il 17% delle vittime.

Anche la Coldiretti dice la sua sulle donne in agricoltura: sono aumentate del 6,6% nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da giovani donne per un totale di 13.887 che fanno salire a quasi 215mila aziende agricole “rosa”. “In pratica – sottolinea la Coldiretti – in agricoltura un’impresa giovanile su quattro viene gestita da ragazze”. Le donne sanno coniugare bene la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita e l’attenzione al sociale, la valorizzazione dei prodotti tipici locali e la biodiversità. E tanto altro ancora.
Tutti segnali incoraggianti; guai non ci fossero, e grazie ai quali l’8 marzo resta un simbolo, mentre tutti gli altri giorni quelli dell’impegno coraggioso per far andare avanti la baracca.

Carlo Maria Zorzi