(Fabrizio Dassano)

Continuano a giungermi settimanalmente le missive del mio ex vicino di appartamento, “fuggito” nottetempo in campagna 50 giorni fa. Ha premesso ad essa una dotta citazione:
“Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece starnazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina”.
Henry Ford

Caro ex vicino,
Devi sapere che ho preso due galline ovaiole. Hanno il collo nudo. Il primo giorno mi sembrava di aver messo in cortile due avvoltoi. Si tratta della selezione tramite incrocio della gallina di Transilvania su una bionda piemontese classica.

Nel 1905 Teodoro Pascal, nel suo trattato “Il collo nudo”, iniziava così a descriverla: “Questa strana e brutta razza si distingue, come indica il suo nome, dal collo sprovvisto di piume e ricoperto invece di una pelle aggrinzita e rossa come il sedere della bertuccia“ (alla fine del trattato concluderà però riscattandole: “questa meravigliosa razza è meno brutta di quanto si vuole affermare”).

Ora, le galline ovaiole sono così chiamate proprio per la loro facilità e abbondanza nel deporre le uova. Ogni gallina ovaiola, delle più prolifiche, depone in media quasi un uovo al giorno circa, raggiungendo anche 200 uova in un anno. Ho saputo che le mie galline possono vivere tra i 5 gli 11 anni, e quindi deporranno una grande quantità di ottime uova fresche: una buona notizia se questi nostri arresti domiciliari dovessero proseguire. In rapporto all’aspettativa di vita della gallina, la maggior produzione di uova viene fornita nei primi due anni di vita, per andare poi a calare nel tempo, anche se le uova si faranno via via più grandi. Ma è proprio grazie all’allevamento nel pollaio familiare che le galline, per via dell’alta qualità di vita, possono raggiungere età che negli allevamenti intensivi sono impensabili.

Alle mie due ovaiole ho anche dato dei nomi: “Arbra” alla più chiara e “Brengula” a quella più scura. Mi sono rassegnato al fatto che le galline sono animali intelligenti, con una vita interiore ricca e stupefacente: per questo bisogna allevarle con amore e dare loro tutto quello che la loro etologia richiede per vivere felici. I trattati, come il fondamentale “Summa Gallicana” del dottor Elio Corti, parlano chiaro: non sono “macchine per fare uova” ma sono animali sensibili con cui possiamo instaurare anche un vero rapporto di compagnia.

Dopo le premesse scientifiche e qualche giorno di ambientazione, la mia vita è profondamente cambiata: sveglia alle 7 per aprire la porta del pollaio, che di notte va sigillato perché qui ci sono volpi e faine; quindi distribuzione del cibo, rinnovo dell’acqua nella ciotola e inizio del razzolamento. Nel pomeriggio raccolta delle uova, distribuzione di erbe fresche raccolte nel prato e ai margini dell’orto; prima di sera, una piccola porzione di cibo alternata a pane secco ammollato nell’acqua, ma non tanto, per via del sale. Col buio verso le 20, chiusura della porta. Loro sono sempre già dentro assopite.

Una volta ogni tanto spalanco il cancello del recinto e loro vanno a razzolare felici ovunque. Ieri mi sono soffermato con l’ombrello sotto la pioggia ad osservarle vicino ai tulipani ormai sfioriti e abbiamo iniziato delle conversazioni. Gli ho chiesto se sapevano che i tulipani arrivavano dalla Turchia e che in turco tulipano vuol dire turbante. Non lo sapevano. Le loro antenate arrivano dalla Transilvania, mi hanno spiegato Arbra e Brengula.

Parlano il dialetto romeno di Transilvania, una varietà della lingua romena ufficiale, mi ha spiegato la prima. L’altra, per non essere da meno, mi ha precisato che è diviso a sua volta nei dialetti di Ardeal, del Banato e di Maramureș…

Per fortuna, da più di un secolo la loro razza parla anche piemontese e italiano.