(Mario Berardi)

Alla vigilia dell’importante incontro europeo dei capi di Governo, la Lega (con l’appoggio di Fratelli d’Italia) aveva sferrato un attacco durissimo al premier Conte, chiedendone le dimissioni. Per i paradossi della politica, l’offensiva di Salvini ha ottenuto invece un risultato opposto: Pd e Cinque Stelle hanno accantonato le loro divisioni sul Meccanismo Europeo di Stabilità e una componente importante dell’opposizione ha confermato con Berlusconi la disponibilità a sostenere l’iniziativa del Governo nella trattativa con Bruxelles sulle misure per contrastare la crisi sanitaria ed economico-sociale indotta dal Coronavirus.

Il sovranismo della destra radicale (“prima gli italiani”) si indebolisce nel momento in cui emerge l’esigenza di un’Europa unita e solidale; altrimenti è difficile dar torto alla linea nazionalista di chi dice “prima la Germania”, “prima l’Olanda”… Come ha spiegato con molta chiarezza nel dibattito al Senato Emma Bonino, già commissaria a Bruxelles, l’Europa può avviare – secondo le anticipazioni dell’on. Gentiloni, commissario all’economia – la somma straordinaria di 1500 miliardi di euro, tra Recovery fund, Sure (per la cassa integrazione), BEI (Banca europea degli investimenti), Mes. A questo si aggiungano gli interventi massicci della BCE, che ha già evitato il crollo dei nostri titoli di Stato. La trattativa a Bruxelles – come ha detto il premier Conte – va condotta con molto rigore; ma il sostegno europeo è essenziale per tanti Paesi (dall’Italia alla Spagna alla stessa Francia) duramente colpiti dal virus.

La divisione tra i partiti politici italiani era già esplosa clamorosamente al Parlamento di Strasburgo, con la Lega contraria su tutto, i grillini divisi, Pd, Italia Viva e Forza Italia uniti nel voto finale. Nel dibattito al Senato l’attacco a 180 gradi della Lega ha avvicinato Pd e Cinque Stelle e ha confermato la diversa collocazione del partito di Berlusconi; anzi. Un’intervista de “Il Giornale” al premier ha fatto crescere l’ipotesi di un possibile sostegno al governo sui temi europei da parte di Berlusconi, qualora emergesse una divaricazione dei grillini vicini al redivivo Di Battista, che propone addirittura l’alleanza con la Cina! Questa corrente grillina avrebbe l’appoggio del 10-15% dei parlamentari.

Accanto alla differenziazione di Forza Italia, nella Lega si registra anche un dissenso dell’onorevole Giorgetti, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo giallo-verde, sulla linea europea; peraltro lo stesso Giorgetti era stato relatore in Parlamento a favore del Patto di stabilità durante i governi Berlusconi.

Il Paese avrebbe meritato – come auspica sempre Mattarella – una sostanziale unità nella crisi del Coronavirus, ma le forze politiche non sono riuscite a compiere il miracolo. In particolare influisce la rottura Salvini-Conte nel primo governo della legislatura, mentre il quadro politico attuale, risalente al 2018, appare superato dalle nuove condizioni storiche, per il correntismo emerso nei grillini e per la guida radicale dell’opposizione espressa dalla Lega. Ma si può votare in piena epidemia, con il referendum costituzionale sul Parlamento dimezzato ormai sospeso? Sarebbe una tempesta per le istituzioni democratiche.

Una maggiore unità sarebbe auspicabile anche nella gestione della fase due tra Stato e Regioni e tra le stesse Regioni. È stato triste lo scontro tra Nord e Sud, tra il presidente della Lombardia Fontana e il suo omologo della Campania De Luca, che ha minacciato… il blocco dei confini della Regione. Analogamente, pur nella vivacità della polemica politica, è apparsa eccessiva la richiesta dei grillini di commissariare la Regione Lombardia (numero uno della presenza leghista); giustamente il ministro Speranza (Salute) ha invitato a una maggiore coesione, tenendo presente che la lotta alla pandemia non è ancora conclusa.

Il Governo, come ha annunciato il premier, fornirà entro la settimana le linee guida per la ripartenza graduale del Paese dal 4 maggio. C’è da attendersi un’adeguata comprensione anche della richiesta della Cei (e del Papa) di una ripresa della vita religiosa, non meno indispensabile per il bene del Paese, ponendo fine al sacrificio – accettato con senso dello Stato – delle Chiese vuote; la nuova Italia non può fare a meno, per risorgere, di una giusta comprensione delle istanze tutte dei cittadini, materiali, sociali, spirituali.

Per la politica infine c’è da auspicare che ascolti l’appello di Papa Francesco: al servizio del bene del Paese, non della propria parte.