La recente scomparsa di Giancarlo Ormea a 82 anni porta il pensiero all’Archivio Diocesano di Ivrea ove Giancarlo, fino al peggioramento del suo stato di salute, con serietà e dedizione aveva coadiuvato come Assistente archivista volontario il quotidiano operato di monsignor Giovanni Battista Giovanino.

Questa istituzione millenaria conobbe una rinascita ai tempi don Ilo Vignono: era nato 102 anni fa ad Azeglio il 15 luglio 1921. Entrò giovanissimo in Seminario a Ivrea appena terminate le scuole elementari e fu ordinato sacerdote da monsignor Paolo Rostagno nel 1944. La sua prima destinazione fu a Ingria Val Soana come viceparroco. Aveva 23 anni, in piena guerra civile che imperversava anche in quelle valli dell’Alto Canavese. Vi rimase per poco tempo, da giugno ad ottobre, poi venne destinato al suo paese natale e successivamente a Torre Balfredo, frazione di Ivrea poco distante.

Nel luglio del 1950 gli fu assegnato un doppio incarico: aiuto Cancelliere e cappellano dell’Ospedale di Ivrea e la sua vita venne assorbita dal doppio ufficio. Don Ilo Vignono è stato ricordato da quelli che lo conobbero come uomo metodico, ordinato e preciso, carattere che si confaceva con la sua delicata missione pastorale di portare sollievo agli ammalati e ai moribondi. La burocrazia ecclesiastica e amministrativa non lo turbarono, anzi forse fece da contraltare alla missione emotivamente più dura in Ospedale. Diventò velocemente pro Cancelliere e nel 1954 Cancelliere, carica che manterrà fino al 1970. Chiuse gli occhi a centinaia di persone all’Ospedale e centinaia di pratiche passarono sulla sua scrivania, pratiche di parroci e sacerdoti risolte sempre per la via formale migliore.

Perdura il ricordo di un uomo mite, paziente e discreto che sapeva parlare dritto al cuore e incoraggiare nello sconforto e nella sofferenza. Ospedale e Curia erano il suo impegno quotidiano e spesso si prolungava nelle notti. Sentì il bisogno di dedicarsi agli studi storici, in cui era naturalmente portato e spesso lo faceva nei rari momenti di quiete nel suo alloggio presso la cappella dell’Ospedale. Riceveva gli amici che avevano fondato la prestigiosa “Società Acca-demica di Storia e Arte Canavesana” che riunì in sodalizio storici appassionati, docenti e alcuni professori universitari votati al culto della storia e della cultura della città e del Canavese e che prese sostanza nel 1958. Gli sforzi della piccola Accademia portarono a pubblicare sul “Qua-derno n. 2” del 1961 il suo fondamentale saggio dal titolo: “Divagazioni su un’antica strada Ivrea – Vercelli”.

Il lavoro all’Ospedale fu certamente l’aspetto più gravoso, il carico psicologico sempre più forte lo portò a soffrire seriamente di afonia. Viste le sue condizioni di salute, nel 1970 la Curia gli assegnò gli incarichi di Direttore del Museo e degli Archivi Dio-cesani, della Biblioteca Dio-cesana e Capitolare e di membro della Commissione Diocesane d’Arte Sacra. Con il medesimo zelo e precisione si dedicò ai nuovi molteplici incarichi, tutti accomunati dalla sua naturale predisposizione allo studio e alla preservazione dei beni culturali diocesani: interruppe il degrado della chiesa di San Nicola da Tolentino, destinandola a sede prestigiosa del museo ove raccolse il patrimonio delle chiese altrimenti destinato alla dispersione: dai paramenti sacri antichi ai volumi con i Vespri e i Salmi, agli oggetti di culto, i dipinti e i reliquiari. Oggetti di valore storico e documentale del territorio.

Ma il suo capolavoro fu la Biblioteca che praticamente ricreò facendone ben presto un’istituzione di grande valore culturale non solo per gli studiosi locali, ma anche per gli studiosi di Università italiane, europee e statunitensi. La sistemò al piano terreno dell’ex Seminario maggiore, austera costruzione dell’architetto Luigi Andrea Guibert, il medesimo che ricostruì il Ponte Vecchio fatto esplodere nell’assedio del 1704, architetto e ingegnere militare sabaudo a cui è attribuita anche la chiesa di San Gaudenzio. I locali erano un tempo aule scolastiche, sale di studio e refettorio dei seminaristi. Oltre 50 mila sono i volumi ancora oggi conservati con manoscritti e incunaboli. Innumerevoli i volumi di storia locale sia religiosa che civile con opere molto rare e preziose e le innumerevoli carte d’Archivio.

Don Ilo Vignono affrontò in prima persona il problema della raccolta e della rilegatura divenendo abile artigiano legatore, dando forma alle raccolte annuali di riviste e giornali proprio come il settimanale “Il Risveglio Popolare”. Nella Biblioteca Diocesana sono inoltre conservati la documentazione storica delle parrocchie della Diocesi e i libri parrocchiali delle chiese soppresse, che dal tardo Cinquecento (secondo le norme emanate dal Concilio di Trento) fino al 1806 hanno costituito quello che sarebbe diventato lo Stato Civile dei Comuni con Napoleone e che sopravvissero al medesimo fino ad oggi. La ricerca dei codici manoscritti, degli incunaboli e delle Cinquecentine conservati, oggi la si effettua ancora con il catalogo: Inventario dei manoscritti della Biblioteca Capitolare di Ivrea del professor Alfonso Professione e rivista dal Canonico don Ilo Vignono, edito nel 1967. E stampato dalle tipografie domenicane di Alba.

Questa biblioteca, se fu dimenticata nel grande mo-mento di riscoperta degli eruditi del Sei e Settecento, assunse importanza europea sulla scorta del rinnovato interesse filologico tedesco che mirava a riscoprire i documenti del Sacro Romano Impero che furono poi pubblicati nei Monumenta Germaniae Historica a partire dal 1826. Operazione che fece dell’Italia un territorio di studio privilegiato. Nel contempo, fiorì anche l’interesse patriottico del Risorgimento nazionale con l’azione della Regia Deputazione sopra gli studi di Storia Patria che riportò alla luce gli antichi documenti a partire dal 1833.

Don Ilo Vignono curò anche l’acquisizione della biblioteca personale del professor Angelo Novello e della collezione completa delle Edizioni di Comunità fondata da Adriano Olivetti. Quei 26 anni di don Ilo Vignono impressero un segno indelebile alla vitalità di quell’istituzione antichissima fiorita con il vescovo Warmundo intorno all’anno 1000 che fu la Biblioteca Capitolare di Ivrea.

Le testimonianze concordano nel sottolineare che quanti si presentavano a consultare libri e documenti e a compiere ricerche, don Ilo li accoglieva con affabilità e disponibilità, sempre largo di consigli e di indicazioni. La sua competenza paleografica era di valido supporto per gli studiosi e ricercatori nella lettura e nell’interpretazione dei codici medievali scritti in latino curiale e pieni di abbreviazioni. Ma fu campo anche per le sue personali ricerche erudite che videro la pubblicazione nel corso del tempo: I dieci ospedali di Ivrea: appunti di storia ospedaliera eporediese, con Giuseppe Ravera, del 1964; la traduzione, con Pietro Monti di Pietro Azario, La guerra del canavese (1312-1367), edito nel 1970; nello stesso anno, con Giuseppe Ravera, Il Liber decimarum della Diocesi di Ivrea, 1368-1370; un volume su don Piero Solero (1975) per l’Académie St-Anselme di Aosta, il parroco del Gran Paradiso e cappellano degli Alpini; due monumentali volumi in folio dedicati a: Incunaboli, cinquecentine e loro filigrane, impronte, p.d.p., p.a.g.i., della Biblioteca capitolare di Ivrea, Incunaboli e Cinquecentine A-C, e Cinque-centine D-Z, filigrane, entrambi pubblicati nel 1989 con un gigantesco lavoro di riproduzione dei frontespizi e commento degli autori delle antiche opere conservate a Ivrea. Elevato a rango di canonico nel 1992 le sue condizioni di salute peggiorarono nel 1996.

Concluse la sua esistenza terrena il 4 marzo 1997 ma il suo operato cristiano all’Ospedale e al servizio della cultura resta un esempio.