(Cristina Terribili)

Il 7 aprile si è celebrata la Giornata mondiale della Salute e il 22 aprile si festeggerà la sesta giornata nazionale della Salute della Donna.

A più di un anno dall’inizio dell’epidemia abbiamo fatto i conti con problemi di salute; ognuno si è sentito fragile o forte a seconda del modo in cui è riuscito a fronteggiare la propria situazione. Ospedali o interi reparti sono stati convertiti per curare i pazienti Covid, con la logica conseguenza che molte persone hanno avuto difficoltà ad accedere ai servizi sanitari ed alcuni vi hanno proprio rinunciato.

L’attività di prevenzione è saltata, le liste d’attesa restano lunghe. Per questo, ma non solo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso che, per quest’anno, la giornata della salute fosse sotto lo slogan “Costruire un mondo più equo e più sano”. Garantire l’accesso delle cure a tutti e stimolare i politici ad assicurare condizioni di vita e di lavoro favorenti la salute è un impegno importante sempre, in questo anno ancora di più.

Un focus sulle donne diventa necessario perché si sa che ci sono patologie che incidono in maniera diversa sugli uomini o sulle donne. Per questo è nata, e in Italia è stata applicata dal 2019, la medicina di genere che si orienta verso un approccio biomedico finalizzato a prevenire, diagnosticare e curare tutte le malattie, tenendo presente però come queste si differenziano secondo il sesso, e le condizioni sociali, culturali ed economiche della persona.

Le donne sono al primo posto per il consumo di farmaci, fanno meno controlli cardiovascolari e le diagnosi arrivano quando le malattie sono già in stato avanzato. Anche il tumore alla mammella, che rappresenta la più frequente causa di morte per le donne, fatica a trovare uno spazio unanime e condiviso nelle campagne di prevenzione che risente di forti differenze territoriali e di disuguaglianze sociali.

Il tumore al polmone è in aumento tra le donne, a causa di un cambiamento del loro stile di vita in particolare in relazione al fumo, ma campagne di sensibilizzazione e di prevenzione orientate e specifiche per le donne, ancorché giovani, ancora non si vedono. Così come sembra avere poca evidenza anche l’attenzione agli eventi patologici e agli infortuni connessi con il lavoro domestico, così come la fragilità biologica delle donne esposte a lavori pesanti, agenti chimici, il lavoro a turni.

Insomma, donna e salute ancora non corrisponde ad un binomio forte. L’invito è a non rimandare ad un altro momento quel controllo o quella analisi. Tante donne, a causa della pandemia, hanno perso il lavoro e questo non ha generato solo povertà economica, ma ha favorito un senso di insicurezza forte che è collegata alla mancanza di accesso alle cure sanitarie così come alla possibilità di essere rappresentate, ascoltate e far parte del gruppo che prende decisioni anche per loro.

Se è vero che “basta la salute” è altrettanto vero che questa debba essere assicurata al meglio a tutti, anche in condizioni di emergenza, senza mai abbassare la guardia.