L’immigrazione è argomento quotidiano e rovente, in modo particolare quando essa è di massa, incontrollata, clandestina…

Non si parla, o se ne parla poco, di emigrazione, cioè di quegli italiani che sono andati e di quelli che continuano ad andare all’estero. Dà i numeri del fenomeno il Rapporto annuale della Fondazione Migrantes, organismo pastorale dei vescovi italiani, sugli italiani nel mondo. L’ultima edizione è stata presentata ieri. “Il 44% delle partenze per espatrio, avvenute da gennaio a dicembre 2022, ha riguardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni”.

L’Italia fuori dei confini nazionali è costituita oggi da circa 6 milioni di cittadini e cittadine. I numeri del Rapporto sono chiari: una presenza cresciuta dal 2006 del +91%. Le italiane all’estero sono praticamente raddoppiate (99,3%), i minori sono aumentati del +78,3% e gli over 65 anni del +109,8%. I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del +175%, le acquisizioni di cittadinanza del +144%, le partenze per espatrio del +44,9%. Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’Aire sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani in Italia. Mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale, il 37,8% del Settentrione e il 15,8% del Centro. Il 51% è all’estero da più di 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani.

L’attuale presenza italiana all’estero è europea. L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%). Oggi le comunità italiane più numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti), in Germania (oltre 822 mila), in Svizzera (oltre 639 mila). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Che cosa dedurre da questi numeri? Che i giovani non sono fatti per stare fermi nell’epoca della mobilità. I giovani sono quelli che puntano ai luoghi più lontani. Un movimento diverso, nuovo, maturato a seguito dei processi di globalizzazione del lavoro, delle economie, delle società.

Un movimento, immigratorio ed emigratorio, irreversibile.