Pochi sanno che nel nostro Paese è possibile dare disponibilità per l’accoglienza in casa di neonati e bambini nati con disabilità. “Quando un ospedale ti chiama perché un piccolissimo ha superato il tempo per rimanere lì, ma non ha un posto dove andare, è come un qualcosa che ti trapassa. Ti viene voglia di cercare subito una risposta”, è la testimonianza di Marta, mamma affidataria della provincia di Monza, raccontata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII fondata nel 1968 da don Oreste Benzi e oggi guidata da Matteo Fadda, sposato con Carla, genitori di 4 figli naturali, che insieme hanno aperto la casa all’accoglienza di bambini in affido e di persone senza famiglia a San Giorgio Canavese. Mamma Marta di Monza con il marito e la loro figlia hanno accolto negli ultimi cinque anni tre neonati con gravi disabilità che necessitavano di assistenza continuativa. Due di questi hanno già trovato una loro famiglia adottiva, dopo un periodo di pronta accoglienza nella famiglia affidataria.

Con l’obiettivo di diffondere la cultura dell’affido di bambini disabili, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha iniziato martedì scorso un percorso di formazione dal titolo “Portami a casa – La famiglia luogo dove prendersi cura di piccolissimi con disabilità”, per chiunque voglia approfondire queste tematiche, per i singoli e per le famiglie che vogliano aprirsi all’affido di bambini con gravi disabilità o problematiche sanitarie complesse, per le associazioni e per i genitori affidatari di tutta Italia già impegnati nei percorsi per l’affidamento familiare.

È ormai di lunga durata, ed è sempre strenuo, l’impegno della Comunità Papa Giovanni XXIII per una piena attuazione dei diritti delle persone svantaggiate. “Da molti anni accogliamo nelle nostre famiglie bambini con gravi patologie, provenienti da diversi presidi ospedalieri – testimonia Fadda –; abbiamo stabilito delle buone prassi e delle linee guida, indispensabili per affrontare situazioni anche molto complesse: le mettiamo ora a disposizione di tutti”.

E racconta della rete costruita in collaborazione con l’ospedale pediatrico “Regina Margherita” di Torino e con i servizi sociali e sanitari della città, che sostiene le famiglie accoglienti nel prendersi cura di bambini gravissimi. “Altrimenti passerebbero la propria vita in lungodegenza ospedaliera o all’interno delle strutture specializzate”.

A questo grido le nostre famiglie sono invitate a porre attenzione, e a dare una prova concreta testimoniando la loro vocazione ad essere santuari della vita, aperte alla vita.