I poveri occupano una posizione centrale nella dottrina sociale e nelle opere della Chiesa cattolica. Questa attenzione nasce dalla profonda convinzione che la povertà, in tutte le sue forme, sia al cuore del messaggio evangelico e quindi della missione della Chiesa stessa.
L’opzione preferenziale per i poveri sottolinea la priorità di Dio per i più poveri e vulnerabili, e Papa Francesco durante il suo pontificato ha spiegato più volte che questa opzione non è un’ideologia politica, ma una scelta evangelica che riflette l’amore di Dio per gli ultimi, che la povertà non è solo una condizione materiale, ma anche una via di accesso alla comprensione profonda del Vangelo…
“Il povero mi arricchisce” ebbe a dire Papa Francesco invitando i credenti a vedere nei poveri non solo coloro che necessitano di aiuto, ma anche coloro che possono dare lezioni di fede, speranza e carità. La Chiesa è (anche) una comunità di servizio, dove l’amore per i poveri non è facoltativo, ma essenziale; per i cattolici, l’attenzione ai poveri non è questione opzionale, ma una dimensione fondamentale della fede. E la politica in tutto questo? Se i poveri sono diventati questione che interessa “veramente” solo la Chiesa, significa che la politica ha fallito la sua missione fondamentale di garantire dignità a tutti.
E questo fallimento, prima o poi, presenterà il conto. Il nostro Paese non può permettersi di trattare la povertà come un tabù, un fastidio da nascondere o un simbolo da usare. Servirebbe, invece, una nuova stagione di giustizia sociale, in cui la povertà venga affrontata con strumenti seri: reddito, casa, istruzione, lavoro dignitoso… senza slogan e senza pietismo.
Dimenticati da una parte politica e strumentalizzati dall’altra, i poveri restano appannaggio dei cattolici, della miriade di volontari, parrocchie, missionari e associazioni che continuano a sfamare, ascoltare, accogliere nelle “periferie esistenziali” di bergogliana memoria. Ma lì, dove la politica ha abdicato, la Chiesa resta un rifugio concreto per chi è ai margini e un presidio di dignità. Non per ideologia, ma per vocazione.