Nelle catechesi che il Papa sta facendo sulla Santa Messa ho notato il ricorrente e abbondante riferimento all’Ordinamento Generale del Messale Romano: un testo familiare a chi è chiamato a presiedere la celebrazione e a educare i fedeli alla piena e consapevole partecipazione. “Il rinnovamento della Chiesa – scrive Silvano Sirboni – prende l’avvio dalla celebrazione eucaristica che è fonte permanente della vita e della missione della Chiesa” (cf Vat.II, S.C. 10; P.O. 5). “Non è possibile si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione dell’Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità” (P.O. 6).

Lo scorso 1° marzo il Santo Padre ha presentato, dopo la Liturgia della Parola, “l’altra parte costitutiva della Messa, che è la Liturgia eucaristica”. “In essa – dice il Papa – attraverso i santi segni, la Chiesa rende continuamente presente il Sacrificio della nuova alleanza sigillata da Gesù sull’altare della Croce (cfr S.C.,47). È stato il primo altare cristiano, quello della Croce, e quando noi ci avviciniamo all’altare per celebrare la Messa, la nostra memoria va all’altare della Croce, dove è stato fatto il primo sacrificio. Il sacerdote, che nella Messa rappresenta Cristo, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli nell’Ultima Cena: prese il pane e il calice, rese grazie, li diede ai discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate … bevete: questo è il mio corpo … questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di me»”. “Obbediente al comando di Gesù, la Chiesa ha disposto la Liturgia eucaristica in momenti che corrispondono alle parole e ai gesti compiuti da Lui la vigilia della sua Passione – continua Papa Francesco – . Così, nella preparazione dei doni sono portati all’altare il pane e il vino, cioè gli elementi che Cristo prese nelle sue mani. Nella Preghiera eucaristica rendiamo grazie a Dio per l’opera della redenzione e le offerte diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. Seguono la frazione del Pane e la Comunione, mediante la quale riviviamo l’esperienza degli Apostoli che ricevettero i doni eucaristici dalle mani di Cristo stesso (cfr Ordinamento Generale del Messale Romano, 72)”.
“Al primo gesto di Gesù («prese il pane e il calice del vino»), corrisponde quindi la preparazione dei doni: è la prima parte della Liturgia eucaristica – spiega ancora Francesco -. E’ bene che siano i fedeli a presentare al sacerdote il pane e il vino, perché essi significano l’offerta spirituale della Chiesa lì raccolta per l’Eucaristia. È bello che siano proprio i fedeli a portare all’altare il pane e il vino. E al riguardo è significativo che, nell’ordinare un nuovo presbitero, il Vescovo, quando gli consegna il pane e il vino, dice: «Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico». Nei segni del pane e del vino il popolo fedele pone la propria offerta nelle mani del sacerdote, il quale la depone sull’altare o mensa del Signore, «che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica» (OGMR 73). Cioè, centro della Messa è l’altare, e l’altare è Cristo; sempre bisogna guardare l’altare che è il centro della Messa. Nel «frutto della terra e del lavoro dell’uomo», viene pertanto offerto l’impegno dei fedeli a fare di sé stessi, obbedienti alla divina Parola, un «sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente», «per il bene di tutta la sua santa Chiesa». Così «la vita dei fedeli, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo» (Catechismo Chiesa Cattolica 1368)”.
“Certo, è poca cosa la nostra offerta, ma Cristo ha bisogno di questo poco – precisa ancora Francesco -. Ci chiede, nella vita ordinaria, buona volontà, cuore aperto, voglia di essere migliori per accogliere Lui che offre se stesso a noi nell’Eucaristia; ci chiede queste offerte simboliche che poi diventeranno il Suo corpo e il Suo sangue. Un’immagine di questo movimento oblativo di preghiera è rappresentata dall’incenso che, consumato nel fuoco, libera un fumo profumato che sale verso l’alto: incensare le offerte, come si fa nei giorni di festa, incensare la croce, l’altare, il sacerdote e il popolo sacerdotale manifesta visibilmente il vincolo offertoriale che unisce tutte queste realtà al sacrificio di Cristo (cfr OGMR, 75). E non dimenticare: c’è l’altare che è Cristo, ma sempre in riferimento al primo altare che è la Croce. La spiritualità del dono di sé, che questo momento della Messa ci insegna, possa illuminare le nostre giornate, le relazioni con gli altri, le cose che facciamo, le sofferenze che incontriamo, aiutandoci a costruire la città terrena alla luce del Vangelo».

† Edoardo, vescovo