(Susanna Porrino)

I giovani non leggono? Niente di più falso; i giovani leggono, ma leggono solo ciò che, per qualche motivo, sentono loro affine e fornitore di un’esperienza virtuale estrema in cui le emozioni e la vita vengano amplificate.

Dieci giorni fa è uscito il nono libro di Cristina Chiperi, giovanissima scrittrice italiana e prima protagonista nel nostro Paese di un fenomeno editoriale nato e sviluppatosi solo in questi anni, che prevede il passaggio da una pubblicazione online autonoma del proprio lavoro (in questo caso, la piattaforma su cui Cristina ha cominciato a scrivere appena 16enne è stata Wattpad) alla pubblicazione cartacea offerta dalle case editrici alle opere di maggior successo. I suoi libri, sostanzialmente incentrati su storie d’amore a sfondo adolescenziale, hanno riscosso immediatamente un successo straordinario tra i giovani (il primo romanzo pubblicato ha superato velocemente le 25mila copie), non senza moltissime critiche di superficialità e scarso livello linguistico da parte di un pubblico più adulto e intellettuale.

Eppure, è curioso che – in un mondo in cui è ormai divenuto difficilissimo riuscire ad attrarre su di sé l’attenzione attraverso strumenti tradizionali come la letteratura – ad ottenere successo e visibilità sono stati proprio i libri di Cristina e di altre giovanissime scrittrici (italiane e non) che, pubblicando libri dalle caratteristiche molto simili e dai toni estremamente giovanili, hanno saputo guadagnarsi la stima di una buona fetta di lettori.

Ciò che dovrebbe far riflettere è il fatto che molti di questi romanzi abbiano ottenuto una fama straordinaria pur proponendo molto spesso modelli di vita o di relazioni, oltre che estremamente inverosimili, spesso tossici e poco raccomandabili, nei quali comportamenti inaccettabili vengono travestiti da manifestazioni di affetto e premura e offerti come esempi a lettrici e lettori molto giovani.

Paradossalmente, in un contesto in cui la divulgazione psicologica, il riconoscimento del proprio valore, l’importanza del rispetto e della fiducia nelle relazioni e la ricerca costante dell’equilibrio sono divenuti punti cardine nella trattazione e nella costruzione della realtà intorno a sé, le storie che vengono maggiormente apprezzate e amate dal pubblico moderno di lettori e spettatori sono in realtà proprio quelle che rifuggono in tutti i modi ogni cornice di razionalità e moderatezza, per dare invece libero sfogo ai moti o alle tendenze più primitive e viscerali nell’animo umano: in un’ottica assolutamente incomprensibile dal punto di vista logico, oggi le narrazioni che catturano l’attenzione dello spettatore sono quelle che gli permettono di risvegliare e portare all’estremo della loro carica emotiva.

Come ai bambini viene spontaneo rendere parte dei propri giochi scene di guerra o di lotta, attraverso cui lasciar emergere un sentimento primordiale di competizione e aggressività, così anche gli adulti più o meno giovani si mostrano spesso alla ricerca nella letteratura e nel cinema di esperienze immaginarie di vita o di relazioni che superino ogni definizione e trovino a volte la loro sublimazione nella violenza o nella morte (si pensi anche a tutti i film più recenti negli ultimi anni che trattano il tema del conflitto tra sentimenti e malattie letali).

Non è un caso che, tra i romanzi d’amore più venduti negli ultimi anni, una buona percentuale racconti di relazioni alle cui fondamenta troviamo una componente di aggressività e mancanza di stima e rispetto reciproci estremamente significativa.

Se di solito i romanzi per adolescenti si fermano ad un livello più moderato, collocando però nella rappresentazione dell’amore fenomeni verbali o psicologici che mettono profondamente in discussione il valore e la dignità di uno dei due personaggi, nei romanzi si arriva a volte a romanticizzare una forma di violenza ed imposizione di sé ancora più brutale e aggressiva e confluente nella sfera fisica (si pensi per esempio alla serie “50 sfumature di grigio”, che pur bersaglio di innumerevoli critiche ha venduto più di 125 milioni di copie in tutto il mondo e raggiunto nei cinema il record di incassi stratosferici).

Quella sorta di apatia generale a cui siamo stati condotti dalla sovrabbondanza quotidiana di imput e stimoli si traduce in un bisogno di emozioni estreme ed estranee ad una realtà che nella sua finitezza sembra soffocare e opprimere e trova sfogo solo in ciò che supera ogni limite.

Eppure, ciò di cui avremo invece bisogno sarebbe una riscoperta della bellezza nascosta in ciò che si sviluppa non con violenza, ma silenziosamente e nel tempo; e finché non comprenderemo ciò come individui, anche l’arte, ormai parte della realtà consumistica di cui facciamo parte, continuerà ad assecondare queste tendenze.