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Essere giovani oggi è un mestiere difficile. Non impossibile, ma spesso incompreso. Da dentro, adolescenza e giovinezza non somigliano affatto ai racconti rassicuranti che gli adulti fanno: “avete tutto”, “siete fortunati”, “basta volerlo”. Frasi che sembrano volerci spiegare, sistemare, pacificare. Ma chi ha detto che ci serva una soluzione pronta? Forse ci serve solo ascolto. Uno sguardo che non giudica, ma accompagna.

Il voto fuorisede, ad esempio. Quanti giovani sanno cos’è? Pochi. Secondo un’indagine del Ministero dell’Interno, circa il 2% degli studenti fuorisede voterà il prossimo referendum nel Comune dove studia. La nostra partecipazione alla vita pubblica viene trattata come una bandierina da sventolare quando serve e un banale optional quando non ci sono i riflettori. Come se la nostra voce contasse solo quando fa comodo, o solo nei sondaggi pre-elettorali.

Eppure così smarriti al mondo non siamo. Anzi. Al contrario di molti adulti, vittime delle proprie inebrianti comfort-zone, noi abbiamo fame. Fame di senso e di cose vere. Cerchiamo qualcosa per cui valga la pena vivere — un amore, una causa, una vocazione. Solo che spesso questa ricerca viene pseudo-soddisfatta da valori ready made, da una morale fai-da-te, da “licet” spalmati come marmellata sul burro. Senza accorgerci che, come quelle che si vogliono rifiutare, anche questa è un’ideologia. E come ogni ideologia, finisce per frenare e ingabbiare la ricerca più profonda. Per un’ideologia non vale la pena vivere. Ai nostri coetanei, spesso incastrati in questo sistema da adulti tendenziosi, questo sfugge. Così si finisce per rincorrere modelli che sembrano alternativi, ma sono solo stampi diversi dello stesso infecondo cliché.

Gaber avvisava i più grandi: “Non divulgate illusioni sociali, non gli riempite il futuro di vecchi ideali”. Lo cantava con rabbia, con lucidità. Noi oggi potremmo ripeterlo sottovoce, con lo stesso smarrimento. Perché il futuro è diventato un alibi. E infatti un adulto lungimirante, alla fine di un lavoro importante, mi ha detto una frase che non dimenticherò: “Chi dice che i giovani sono il futuro, se ne sta lavando le mani. I giovani sono il presente”.

Ed è vero. Se siamo il futuro, il problema non è ora. Se siamo il presente, invece, servono spazio, fiducia e strumenti: E servono oggi, non fra dieci anni.
Noi giovani non siamo da “salvare”. Siamo da coinvolgere. Ma per davvero.