Questa settimana si svolgono tante commemorazioni per la Giornata della Memoria. Siamo chiamati a non abbassare l’attenzione verso l’orrore prodotto da odio, razzismo e antisemitismo: temi sempre attuali e vivi in una società che invita spesso a dividere, ad orientare uno sguardo giudicante e tagliente verso l’altro, che lascia poco spazio alla compassione e all’empatia. Ma temi che possono cadere nel vuoto se non sono seguiti da esempi concreti, dalle storie di chi è sopravvissuto, dai valori promossi da coloro che si sono opposti a sistemi di annientamento di altri esseri umani.
Alla settimana della memoria seguirà quella dedicata al tema del bullismo; bullismo e razzismo sono legati da un filo rosso comune, quello della sopraffazione e della disumanizzazione della vittima.
Come contrastare queste forme di odio? Come fare in modo che il rispetto dell’altro sia realmente uno dei principi fondanti la nostra società? Come permettere a bambini e giovani (ma anche a tanti adulti) che vivono condizioni di prepotenza, di ingiustizia, di poter trovare la forza per guardare avanti, per mantenere viva la speranza di un domani più giusto?
Liliana Segre, nel discorso alla Consulta in memoria del giudice Volterra, ha ricordato la “marcia della morte” seguita all’evacuazione del lager di Auschwitz dove era internata, dove chi cadeva veniva ucciso, raccontando che “ero così abituata a quella visione che nemmeno mi voltavo, io camminavo: volevo vivere”. E aggiunge: “Sono sempre quella Liliana di allora con una gamba davanti all’altra, e così vado tra minacce, tra parolacce che mi vengono riportate tutti i giorni: una gamba davanti all’altra, non ho paura!”. La Segre è una donna che può essere modello per tanti giovani (e non solo) che affrontano percorsi scolastici o di gruppo o di lavoro o sociali spiacevoli, e che ricevono commenti apertamente o attraverso social con modalità offensive, discriminatorie e denigranti.
La denuncia, la testimonianza e la determinazione sono risposte per non lasciarsi sopraffare. Non penso che la piccola Liliana, la ragazzina costretta alla marcia della morte, non avesse paura. Penso piuttosto che desiderasse con tutta sé stessa uscire dall’orrore e per questo mantenesse lo sguardo rivolto a sé stessa, a propri valori, alla voglia di vivere. A noi spetta di fare memoria della storia.