Grazie all’amicizia di Roberto Castenetto e Anna Berini ho visitato Pordenone, che, con mia grande sorpresa, si è rivelata una città ricca di cultura, monumenti, bellezza, storia e anche misteri.
Inizialmente, durante il viaggio, ero rimasto colpito dal fatto che una città che dista circa 50 Km dal mare avesse il nome di un porto (Portus Naonis). In realtà il fiume Noncello, ha permesso alla città di svilupparsi e di raggiungere un notevole benessere sin dal XIII secolo, grazie ai commerci fluviali. Questo spiega la ricchezza di monumenti e l’esistenza di notevoli opere architettoniche e soprattutto pittoriche.

Grazie all’amico Roberto ho scoperto quanto importante e famoso fosse il pittore Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto “Il Pordenone”!
Non solo una sorpresa di natura artistica. Il famoso storico dell’arte Vasari gli dedicò una egregia biografia dove lo definisce “il più raro e celebre […] nella invenzione di storie, nel disegno, […] nella pratica de’ colori, nel lavoro a fresco […]”. Si tratta, non a caso, del protagonista della storia della sua città: in molte chiese e palazzi si trovano le sue notevoli opere.
Ancor più affascinante la scoperta di un aspetto ancora misterioso e intrigante del massimo pittore friulano del Rinascimento.

Solo nel 1989 il grande restauratore e illustratore pordenonese Giancarlo Magri scoprì che de’ Sacchis aveva dipinto nel suo personale studiolo un fregio di pregevole fattura con figure mitologiche, care all’artista. L’amico Roberto arrischiò un’interpretazione tanto suggestiva, quanto ben documentata: Tantalo e Sisifo rappresentano la condizione di peccato, vinta da Cristo raffigurato come Ercole che sconfigge il leone, permettendo la creatività artistica, suggerita dalla dea della fecondità, Giunone.

Nel Duomo si trova un capolavoro del Pordenone, il San Rocco, presunto autoritratto dell’autore. Il volto di San Roco/Pordenone, estremamente espressivo di un dramma interiore, spiega ulteriormente la volontà dell’artista di rappresentare nel suo studio la lotta contro il Male e la vittoria della Grazia. In modo enigmatico l’artista stesso significa nel drappo che lo ricopre il volto del Nemico che lo perseguita.

“Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne…” (San Paolo)